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Alessandro Manzoni

I Promessi Sposi

Capitolo I

         Quel ramo del lago di Como , che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor pi? sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l'uno detto di san Martino, l'altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talch? non ? chi, al primo vederlo, purch? sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome pi? oscuro e di forma pi? comune. Per un buon pezzo, la costa sale con un pend?o lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l'ossatura de' due monti, e il lavoro dell'acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de' torrenti, ? quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per la montagna. Lecco, la principale di quelle terre, e che d? nome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno d'oggi, e che s'incammina a diventar citt?. Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, que1 borgo, gi? considerabile, era anche un castello, e aveva perci? l'onore d'alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell'estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l'uve, e alleggerire a' contadini le fatiche della vendemmia. Dall'una all'altra di quelle terre, dall'alture alla riva, da un poggio all'altro, correvano, e corrono tuttavia, strade e stradette, pi? o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, sepolte tra due muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per prospetti pi? o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti piglian pi? o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di que1 vasto e variato specchio dell'acqua; di qua lago, chiuso all'estremit? o pi?ttosto smarrito in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano pi? allargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l'acqua riflette capovolti, co' paesetti posti sulle rive; di l? braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur tra' monti che l'accompagnano, degradando via via, e perdendosi quasi anch'essi nell'orizzonte. Il luogo stesso da dove contemplate que' vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d'intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ci? che v'era sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ci? che poco innanzi vi si rappresentava sulla costa: e l'ameno, il domestico di quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio, e orna vie pi? il magnifico dell'altre vedute.
         Per una di queste stradicciole , tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, n? il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, n? a questo luogo n? altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l'indice della mano destra, e, messa poi questa nell'altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all'intorno, li fissava alla parte d'un monte, dove la luce del sole gi? scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si dipingeva qua e l? sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora. Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a una voltata della stradetta, dov'era solito d'alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsi dinanzi: e cos? fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d'un ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l'altra scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all'anche del passeggiero. I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe, serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell'intenzion dell'artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert'altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e l?. Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com'era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non s'aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano , l'uno dirimpetto all'altro, al confluente, per dir cos?, delle due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al di fuori, e l'altro piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. L'abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov'era giunto il curato, si poteva distinguer dell'aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull'omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante sul petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d'un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d'ottone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de' bravi.
         Questa specie, ora del tutto perduta, era allora floridissima in Lombardia, e gi? molto antica. Chi non ne avesse idea, ecco alcuni squarci autentici, che potranno darne una bastante de' suoi caratteri principali, degli sforzi fatti per ispegnerla, e della sua dura e rigogliosa vitalit?.
         Fino dall'otto aprile dell'anno 1583, l'Illustrissimo ed Eccellentissimo signor don Carlo d'Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d'Avola, Conte di Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile di Sicilia, Governatore di Milano e Capitan Generale di Sua Maest? Cattolica in Italia, pienamente informato della intollerabile miseria in che ? vivuta e vive questa citt? di Milano, per cagione dei bravi e vagabondi, pubblica un bando contro di essi. Dichiara e diffinisce tutti coloro essere compresi in questo bando, e doversi ritenere bravi e vagabondi ? i quali, essendo forestieri o del paese, non hanno esercizio alcuno, od avendolo, non lo fanno... ma, senza salario, o pur con esso, s'appoggiano a qualche cavaliere o gentiluomo, officiale o mercante... per fargli spalle e favore, o veramente, come si pu? presumere, per tendere insidie ad altri... A tutti costoro ordina che, nel termine di giorni sei, abbiano a sgomberare il paese, intima la galera a' renitenti, e d? a tutti gli ufiziali della giustizia le pi? stranamente ampie e indefinite facolt?, per l'esecuzione dell'ordine. Ma, nell'anno seguente, il 12 aprile, scorgendo il detto signore, che questa Citt? ? tuttavia piena di detti bravi... tornati a vivere come prima vivevano, non punto mutato il costume loro, n? scemato il numero, d? fuori un'altra grida, ancor pi? vigorosa e notabile, nella quale, tra l'altre ordinazioni, prescrive:
         Che qualsivoglia persona, cos? di questa Citt?, come forestiera, che per due testimonj conster? esser tenuto, e comunemente riputato per bravo, et aver tal nome, ancorch? non si verifichi aver fatto delitto alcuno... per questa sola riputazione di bravo, senza altri indizj, possa dai detti giudici e da ognuno di loro esser posto alla corda et al tormento, per processo informativo... et ancorch? non confessi delitto alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio, per la sola opinione e nome di bravo, come di sopra. Tutto ci?, e il di pi? che si tralascia, perch? Sua Eccellenza ? risoluta di voler essere obbedita da ognuno.
         All'udir parole d'un tanto signore, cos? gagliarde e sicure, e accompagnate da tali ordini, viene una gran voglia di credere che, al solo rimbombo di esse, tutti i bravi siano scomparsi per sempre. Ma la testimonianza d'un signore non meno autorevole, n? meno dotato di nomi, ci obbliga a credere tutto il contrario. E' questi l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Juan Fernandez de Velasco, Contestabile di Castiglia, Cameriero maggiore di Sua Maest?, Duca della Citt? di Frias, Conte di Haro e Castelnovo, Signore della Casa di Velasco, e di quella delli sette Infanti di Lara, Governatore dello Stato di Milano, etc. Il 5 giugno dell'anno 1593, pienamente informato anche lui di quanto danno e rovine sieno... i bravi e vagabondi, e del pessimo effetto che tal sorta di gente, fa contra il ben pubblico, et in delusione della giustizia, intima loro di nuovo che, nel termine di giorni sei, abbiano a sbrattare il paese, ripetendo a un dipresso le prescrizioni e le minacce medesime del suo predecessore. Il 23 maggio poi dell'anno 1598, informato, con non poco dispiacere dell'animo suo, che... ogni d? pi? in questa Citt? e Stato va crescendo il numero di questi tali (bravi e vagabondi), n? di loro, giorno e notte, altro si sente che ferite appostatamente date, omicidii e ruberie et ogni altra qualit? di delitti, ai quali si rendono pi? facili, confidati essi bravi d'essere aiutati dai capi e fautori loro,... prescrive di nuovo gli stessi rimedi, accrescendo la dose, come s'usa nelle malattie ostinate. Ognuno dunque, conchiude poi, onninamente si guardi di contravvenire in parte alcuna alla grida presente, perch?, in luogo di provare la clemenza di Sua Eccellenza, prover? il rigore, e l'ira sua... essendo risoluta e determinata che questa sia l'ultima e perentoria monizione.
         Non fu per? di questo parere l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez de Acevedo, Conte di Fuentes, Capitano, e Governatore dello Stato di Milano; non fu di questo parere, e per buone ragioni. Pienamente informato della miseria in che vive questa Citt? e Stato per cagione del gran numero di bravi che in esso abbonda... e risoluto di totalmente estirpare seme tanto pernizioso, d? fuori, il 5 decembre 1600, una nuova grida piena anch'essa di severissime comminazioni, con fermo proponimento che, con ogni rigore, e senza speranza di remissione, siano onninamente eseguite.
         Convien credere per? che non ci si mettesse con tutta quella buona voglia che sapeva impiegare nell'ordir cabale, e nel suscitar nemici al suo gran nemico Enrico IV; giacch?, per questa parte, la storia attesta come riuscisse ad armare contro quel re il duca di Savoia, a cui fece perder pi? d'una citt?; come riuscisse a far congiurare il duca di Biron, a cui fece perder la testa; ma, per ci? che riguarda quel seme tanto pernizioso de' bravi, certo ? che esso continuava a germogliare, il 22 settembre dell'anno 1612. In quel giorno l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Giovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentiluomo etc., Governatore etc., pens? seriamente ad estirparlo. A quest'effetto, sped? a Pandolfo e Marco Tullio Malatesti, stampatori regii camerali, la solita grida, corretta ed accresciuta, perch? la stampassero ad esterminio de' bravi. Ma questi vissero ancora per ricevere, il 24 decembre dell'anno 1618, gli stessi e pi? forti colpi dall'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Gomez Suarez de Figueroa, Duca di Feria, etc., Governatore etc. Per?, non essendo essi morti neppur di quelli, l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Gonzalo Fernandez di Cordova, sotto il cui governo accadde la passeggiata di don Abbondio, s'era trovato costretto a ricorreggere e ripubblicare la solita grida contro i bravi, il giorno 5 ottobre del 1627, cio? un anno, un mese e due giorni prima di quel memorabile avvenimento.
         N? fu questa l'ultima pubblicazione; ma noi delle posteriori non crediamo dover far menzione, come di cosa che esce dal periodo della nostra storia. Ne accenneremo soltanto una del 13 febbraio dell'anno 1632, nella quale l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, el Duque de Feria, per la seconda volta governatore, ci avvisa che le maggiori sceleraggini procedono da quelli che chiamano bravi. Questo basta ad assicurarci che, nel tempo di cui noi trattiamo, c'era de' bravi tuttavia.
         Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo evidente; ma quel che pi? dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l'aspettato era lui. Perch?, al suo apparire, coloro s'eran guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt'e due a un tratto avevan detto: ? lui; quello che stava a cavalcioni s'era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l'altro s'era staccato dal muro; e tutt'e due gli s'avviavano incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domand? subito in fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi per? s'avvicinavano, guardandolo fisso. Mise l'indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, volgeva intanto la faccia all'indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell'occhio, fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un'occhiata, al di sopra del muricciolo, ne' campi: nessuno; un'altra pi? modesta sulla strada dinanzi; nessuno, fuorch? i bravi. Che fare? tornare indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perch? i momenti di quell'incertezza erano allora cos? penosi per lui, che non desiderava altro che d'abbreviarli. Affrett? il passo, recit? un versetto a voce pi? alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarit? che pot?, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trov? a fronte dei due galantuomini, disse mentalmente: ci siamo; e si ferm? su due piedi.
         - Signor curato, - disse un di que' due, piantandogli gli occhi in faccia.
         - Cosa comanda? - rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli rest? spalancato nelle mani, come sur un legg?o.
         - Lei ha intenzione, - prosegu? l'altro, con l'atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull'intraprendere una ribalderia, - lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella!
         - Cio?... - rispose, con voce tremolante, don Abbondio: - cio?. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c'entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s'anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune.
         - Or bene, - gli disse il bravo, all'orecchio, ma in tono solenne di comando, - questo matrimonio non s'ha da fare, n? domani, n? mai.
         - Ma, signori miei, - replic? don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, - ma, signori miei, si degnino di mettersi ne' miei panni. Se la cosa dipendesse da me,... vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca...
         - Ors?, - interruppe il bravo, - se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, n? vogliam saperne di pi?. Uomo avvertito... lei c'intende.
         - Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli...
         - Ma, - interruppe questa volta l'altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, - ma il matrimonio non si far?, o... - e qui una buona bestemmia, - o chi lo far? non se ne pentir?, perch? non ne avr? tempo, e... - un'altra bestemmia.
         - Zitto, zitto, - riprese il primo oratore: - il signor curato ? un uomo che sa il viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purch? abbia giudizio. Signor curato, l'illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente.
         Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d'un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand'inchino, e disse: - se mi sapessero suggerire...
         - Oh! suggerire a lei che sa di latino! - interruppe ancora il bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce. - A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti... ehm... sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dica in suo nome all'illustrissimo signor don Rodrigo?
         - Il mio rispetto...
         - Si spieghi meglio!
         -... Disposto... disposto sempre all'ubbidienza -. E, proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di prenderle nel significato pi? serio.
         - Benissimo, e buona notte, messere, - disse l'un d'essi, in atto di partir col compagno. Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio per iscansarli, allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative. - Signori... - cominci?, chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza pi? dargli udienza, presero la strada dond'era lui venuto, e s'allontanarono, cantando una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don Abbondio rimase un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l'altra, che parevano aggranchiate. Come stesse di dentro, s'intender? meglio, quando avrem detto qualche cosa del suo naturale, e de' tempi in cui gli era toccato di vivere.
         Don Abbondio (il lettore se n'? gi? avveduto) non era nato con un cuor di leone. Ma, fin da' primi suoi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que' tempi, era quella d'un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d'esser divorato. La forza legale non proteggeva in alcun conto l'uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. Non gi? che mancassero leggi e pene contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano; i delitti erano enumerati, e particolareggiati, con minuta prolissit?; le pene, pazzamente esorbitanti e, se non basta, aumentabili, quasi per ogni caso, ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori; le procedure, studiate soltanto a liberare il giudice da ogni cosa che potesse essergli d'impedimento a proferire una condanna: gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i bravi, ne sono un piccolo, ma fedel saggio. Con tutto ci?, anzi in gran parte a cagion di ci?, quelle gride, ripubblicate e rinforzate di governo in governo, non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l'impotenza de' loro autori; o, se producevan qualche effetto immediato, era principalmente d'aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli gi? soffrivano da' perturbatori, e d'accrescer le violenze e l'astuzia di questi. L'impunit? era organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano smovere. Tali eran gli asili, tali i privilegi d'alcune classi, in parte riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi, con attivit? d'interesse, e con gelosia di puntiglio. Ora, quest'impunit? minacciata e insultata, ma non distrutta dalle gride, doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi. Cos? accadeva in effetto; e, all'apparire delle gride dirette a comprimere i violenti, questi cercavano nella loro forza reale i nuovi mezzi pi? opportuni, per continuare a far ci? che le gride venivano a proibire. Potevan ben esse inceppare a ogni passo, e molestare l'uomo bonario, che fosse senza forza propria e senza protezione; perch?, col fine d'aver sotto la mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni delitto, assoggettavano ogni mossa del privato al volere arbitrario d'esecutori d'ogni genere. Ma chi, prima di commettere il delitto, aveva prese le sue misure per ricoverarsi a tempo in un convento, in un palazzo, dove i birri non avrebber mai osato metter piede; chi, senz'altre precauzioni, portava una livrea che impegnasse a difenderlo la vanit? e l'interesse d'una famiglia potente, di tutto un ceto, era libero nelle sue operazioni, e poteva ridersi di tutto quel fracasso delle gride. Di quegli stessi ch'eran deputati a farle eseguire, alcuni appartenevano per nascita alla parte privilegiata, alcuni ne dipendevano per clientela; gli uni e gli altri, per educazione, per interesse, per consuetudine, per imitazione, ne avevano abbracciate le massime, e si sarebbero ben guardati dall'offenderle, per amor d'un pezzo di carta attaccato sulle cantonate. Gli uomini poi incaricati dell'esecuzione immediata, quando fossero stati intraprendenti come eroi, ubbidienti come monaci, e pronti a sacrificarsi come martiri, non avrebber per? potuto venirne alla fine, inferiori com'eran di numero a quelli che si trattava di sottomettere, e con una gran probabilit? d'essere abbandonati da chi, in astratto e, per cos? dire, in teoria, imponeva loro di operare. Ma, oltre di ci?, costoro eran generalmente de' pi? abbietti e ribaldi soggetti del loro tempo; l'incarico loro era tenuto a vile anche da quelli che potevano averne terrore, e il loro titolo un improperio. Era quindi ben naturale che costoro, in vece d'arrischiare, anzi di gettar la vita in un'impresa disperata, vendessero la loro inazione, o anche la loro connivenza ai potenti, e si riservassero a esercitare la loro esecrata autorit? e la forza che pure avevano, in quelle occasioni dove non c'era pericolo; nell'opprimer cio?, e nel vessare gli uomini pacifici e senza difesa.
         L'uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento, d'essere offeso, cerca naturalmente alleati e compagni. Quindi era, in que' tempi, portata al massimo punto la tendenza degl'individui a tenersi collegati in classi, a formarne delle nuove, e a procurare ognuno la maggior potenza di quella a cui apparteneva. Il clero vegliava a sostenere e ad estendere le sue immunit?, la nobilt? i suoi privilegi, il militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i medici stessi una corporazione. Ognuna di queste piccole oligarchie aveva una sua forza speciale e propria; in ognuna l'individuo trovava il vantaggio d'impiegar per s?, a proporzione della sua autorit? e della sua destrezza, le forze riunite di molti. I pi? onesti si valevan di questo vantaggio a difesa soltanto; gli astuti e i facinorosi ne approfittavano, per condurre a termine ribalderie, alle quali i loro mezzi personali non sarebber bastati, e per assicurarsene l'impunit?. Le forze per? di queste varie leghe eran molto disuguali; e, nelle campagne principalmente, il nobile dovizioso e violento, con intorno uno stuolo di bravi, e una popolazione di contadini avvezzi, per tradizione famigliare, e interessati o forzati a riguardarsi quasi come sudditi e soldati del padrone, esercitava un potere, a cui difficilmente nessun'altra frazione di lega avrebbe ivi potuto resistere.
         Il nostro Abbondio non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella societ?, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. Aveva quindi, assai di buon grado, ubbidito ai parenti, che lo vollero prete. Per dir la verit?, non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili fini del ministero al quale si dedicava: procacciarsi di che vivere con qualche agio, e mettersi in una classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni pi? che sufficienti per una tale scelta. Ma una classe qualunque non protegge un individuo, non lo assicura, che fino a un certo segno: nessuna lo dispensa dal farsi un suo sistema particolare. Don Abbondio, assorbito continuamente ne' pensieri della propria quiete, non si curava di que' vantaggi, per ottenere i quali facesse bisogno d'adoperarsi molto, o d'arrischiarsi un poco. Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralit? disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentissime, tra il clero e le podest? laiche, tra il militare e il civile, tra nobili e nobili, fino alle questioni tra due contadini, nate da una parola, e decise coi pugni, o con le coltellate. Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra due contendenti, stava col pi? forte, sempre per? alla retroguardia, e procurando di far vedere all'altro ch'egli non gli era volontariamente nemico: pareva che gli dicesse: ma perch? non avete saputo esser voi il pi? forte? ch'io mi sarei messo dalla vostra parte. Stando alla larga da' prepotenti, dissimulando le loro soverchierie passeggiere e capricciose, corrispondendo con sommissioni a quelle che venissero da un'intenzione pi? seria e pi? meditata, costringendo, a forza d'inchini e di rispetto gioviale, anche i pi? burberi e sdegnosi, a fargli un sorriso, quando gl'incontrava per la strada, il pover'uomo era riuscito a passare i sessant'anni, senza gran burrasche.
         Non ? per? che non avesse anche lui il suo po' di fiele in corpo; e quel continuo esercitar la pazienza, quel dar cos? spesso ragione agli altri, que' tanti bocconi amari inghiottiti in silenzio, glielo avevano esacerbato a segno che, se non avesse, di tanto in tanto, potuto dargli un po' di sfogo, la sua salute n'avrebbe certamente sofferto. Ma siccome v'eran poi finalmente al mondo, e vicino a lui, persone ch'egli conosceva ben bene per incapaci di far male, cos? poteva con quelle sfogare qualche volta il mal umore lungamente represso, e cavarsi anche lui la voglia d'essere un po' fantastico, e di gridare a torto. Era poi un rigido censore degli uomini che non si regolavan come lui, quando per? la censura potesse esercitarsi senza alcuno, anche lontano, pericolo. Il battuto era almeno almeno un imprudente; l'ammazzato era sempre stato un uomo torbido. A chi, messosi a sostener le sue ragioni contro un potente, rimaneva col capo rotto, don Abbondio sapeva trovar sempre qualche torto; cosa non difficile, perch? la ragione e il torto non si dividon mai con un taglio cos? netto, che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro. Sopra tutto poi, declamava contro que' suoi confratelli che, a loro rischio, prendevan le parti d'un debole oppresso, contro un soverchiatore potente. Questo chiamava un comprarsi gl'impicci a contanti, un voler raddirizzar le gambe ai cani; diceva anche severamente, ch'era un mischiarsi nelle cose profane, a danno della dignit? del sacro ministero. E contro questi predicava, sempre per? a quattr'occhi, o in un piccolissimo crocchio, con tanto pi? di veemenza, quanto pi? essi eran conosciuti per alieni dal risentirsi, in cosa che li toccasse personalmente. Aveva poi una sua sentenza prediletta, con la quale sigillava sempre i discorsi su queste materie: che a un galantuomo, il qual badi a s?, e stia ne' suoi panni, non accadon mai brutti incontri.
         Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull'animo del poveretto, quello che s'? raccontato. Lo spavento di que' visacci e di quelle parolacce, la minaccia d'un signore noto per non minacciare invano, un sistema di quieto vivere, ch'era costato tant'anni di studio e di pazienza, sconcertato in un punto, e un passo dal quale non si poteva veder come uscirne: tutti questi pensieri ronzavano tumultuariamente nel capo basso di don Abbondio. ?Se Renzo si potesse mandare in pace con un bel no, via; ma vorr? delle ragioni; e cosa ho da rispondergli, per amor del cielo? E, e, e, anche costui ? una testa: un agnello se nessun lo tocca, ma se uno vuol contraddirgli... ih! E poi, e poi, perduto dietro a quella Lucia, innamorato come... Ragazzacci, che, per non saper che fare, s'innamorano, voglion maritarsi, e non pensano ad altro; non si fanno carico de' travagli in che mettono un povero galantuomo. Oh povero me! vedete se quelle due figuracce dovevan proprio piantarsi sulla mia strada, e prenderla con me! Che c'entro io? Son io che voglio maritarmi? Perch? non son andati pi?ttosto a parlare... Oh vedete un poco: gran destino ? il mio, che le cose a proposito mi vengan sempre in mente un momento dopo l'occasione. Se avessi pensato di suggerir loro che andassero a portar la loro imbasciata...? Ma, a questo punto, s'accorse che il pentirsi di non essere stato consigliere e cooperatore dell'iniquit? era cosa troppo iniqua; e rivolse tutta la stizza de' suoi pensieri contro quell'altro che veniva cos? a togliergli la sua pace. Non conosceva don Rodrigo che di vista e di fama, n? aveva mai avuto che far con lui, altro che di toccare il petto col mento, e la terra con la punta del suo cappello, quelle poche volte che l'aveva incontrato per la strada. Gli era occorso di difendere, in pi? d'un'occasione, la riputazione di quel signore, contro coloro che, a bassa voce, sospirando, e alzando gli occhi al cielo, maledicevano qualche suo fatto: aveva detto cento volte ch'era un rispettabile cavaliere. Ma, in quel momento gli diede in cuor suo tutti que' titoli che non aveva mai udito applicargli da altri, senza interrompere in fretta con un oib?. Giunto, tra il tumulto di questi pensieri, alla porta di casa sua, ch'era in fondo del paesello, mise in fretta nella toppa la chiave, che gi? teneva in mano; apr?, entr?, richiuse diligentemente; e, ansioso di trovarsi in una compagnia fidata, chiam? subito: - Perpetua! Perpetua! -, avviandosi pure verso il salotto, dove questa doveva esser certamente ad apparecchiar la tavola per la cena. Era Perpetua, come ognun se n'avvede, la serva di don Abbondio: serva affezionata e fedele, che sapeva ubbidire e comandare, secondo l'occasione, tollerare a tempo il brontol?o e le fantasticaggini del padrone, e fargli a tempo tollerar le proprie, che divenivan di giorno in giorno pi? frequenti, da che aveva passata l'et? sinodale dei quaranta, rimanendo celibe, per aver rifiutati tutti i partiti che le si erano offerti, come diceva lei, o per non aver mai trovato un cane che la volesse, come dicevan le sue amiche.
         - Vengo, - rispose , mettendo sul tavolino, al luogo solito, il fiaschetto del vino prediletto di don Abbondio, e si mosse lentamente; ma non aveva ancor toccata la soglia del salotto, ch'egli v'entr?, con un passo cos? legato, con uno sguardo cos? adombrato, con un viso cos? stravolto, che non ci sarebbero nemmen bisognati gli occhi esperti di Perpetua, per iscoprire a prima vista che gli era accaduto qualche cosa di straordinario davvero.
         - Misericordia! cos'ha, signor padrone?
         - Niente, niente, - rispose don Abbondio, lasciandosi andar tutto ansante sul suo seggiolone.
         - Come, niente? La vuol dare ad intendere a me? cos? brutto com'?? Qualche gran caso ? avvenuto.
         - Oh, per amor del cielo! Quando dico niente, o ? niente, o ? cosa che non posso dire.
         - Che non pu? dir neppure a me? Chi si prender? cura della sua salute? Chi le dar? un parere?...
         - Ohim?! tacete, e non apparecchiate altro: datemi un bicchiere del mio vino.
         - E lei mi vorr? sostenere che non ha niente! - disse Perpetua, empiendo il bicchiere, e tenendolo poi in mano, come se non volesse darlo che in premio della confidenza che si faceva tanto aspettare.
         - Date qui, date qui, - disse don Abbondio, prendendole il bicchiere, con la mano non ben ferma, e votandolo poi in fretta, come se fosse una medicina.
         - Vuol dunque ch'io sia costretta di domandar qua e l? cosa sia accaduto al mio padrone? - disse Perpetua, ritta dinanzi a lui, con le mani arrovesciate sui fianchi, e le gomita appuntate davanti, guardandolo fisso, quasi volesse succhiargli dagli occhi il segreto.
         - Per amor del cielo! non fate pettegolezzi, non fate schiamazzi: ne va... ne va la vita!
         - La vita!
         - La vita.
         - Lei sa bene che, ogni volta che m'ha detto qualche cosa sinceramente, in confidenza, io non ho mai...
         - Brava! come quando...
         Perpetua s'avvide d'aver toccato un tasto falso; onde, cambiando subito il tono, - signor padrone, - disse, con voce commossa e da commovere, - io le sono sempre stata affezionata; e, se ora voglio sapere, ? per premura, perch? vorrei poterla soccorrere, darle un buon parere, sollevarle l'animo...
         Il fatto sta che don Abbondio aveva forse tanta voglia di scaricarsi del suo doloroso segreto, quanta ne avesse Perpetua di conoscerlo; onde, dopo aver respinti sempre pi? debolmente i nuovi e pi? incalzanti assalti di lei, dopo averle fatto pi? d'una volta giurare che non fiaterebbe, finalmente, con molte sospensioni, con molti ohim?, le raccont? il miserabile caso. Quando si venne al nome terribile del mandante, bisogn? che Perpetua proferisse un nuovo e pi? solenne giuramento; e don Abbondio, pronunziato quel nome, si rovesci? sulla spalliera della seggiola, con un gran sospiro, alzando le mani, in atto insieme di comando e di supplica, e dicendo: - per amor del cielo!
         - Delle sue! - esclam? Perpetua. - Oh che birbone! oh che soverchiatore! oh che uomo senza timor di Dio!
         - Volete tacere? o volete rovinarmi del tutto?
         - Oh! siam qui soli che nessun ci sente. Ma come far?, povero signor padrone?
         - Oh vedete, - disse don Abbondio, con voce stizzosa: - vedete che bei pareri mi sa dar costei! Viene a domandarmi come far?, come far?; quasi fosse lei nell'impiccio, e toccasse a me di levarnela.
         - Ma! io l'avrei bene il mio povero parere da darle; ma poi...
         - Ma poi, sentiamo.
         - Il mio parere sarebbe che, siccome tutti dicono che il nostro arcivescovo ? un sant'uomo, e un uomo di polso, e che non ha paura di nessuno, e, quando pu? fare star a dovere un di questi prepotenti, per sostenere un curato, ci gongola; io direi, e dico che lei gli scrivesse una bella lettera, per informarlo come qualmente...
         - Volete tacere? volete tacere? Son pareri codesti da dare a un pover'uomo? Quando mi fosse toccata una schioppettata nella schiena, Dio liberi! l'arcivescovo me la leverebbe?
         - Eh! le schioppettate non si d?nno via come confetti: e guai se questi cani dovessero mordere tutte le volte che abbaiano! E io ho sempre veduto che a chi sa mostrare i denti, e farsi stimare, gli si porta rispetto; e, appunto perch? lei non vuol mai dir la sua ragione, siam ridotti a segno che tutti vengono, con licenza, a...
         - Volete tacere?
         - Io taccio subito; ma ? per? certo che, quando il mondo s'accorge che uno, sempre, in ogni incontro, ? pronto a calar le...
         - Volete tacere? E' tempo ora di dir codeste baggianate?
         - Basta: ci penser? questa notte; ma intanto non cominci a farsi male da s?, a rovinarsi la salute; mangi un boccone.
         - Ci penser? io, - rispose, brontolando, don Abbondio: - sicuro; io ci penser?, io ci ho da pensare - E s'alz?, continuando: - non voglio prender niente; niente: ho altra voglia: lo so anch'io che tocca a pensarci a me. Ma! la doveva accader per l'appunto a me.
         - Mandi almen gi? quest'altro gocciolo, - disse Perpetua, mescendo. - Lei sa che questo le rimette sempre lo stomaco.
         - Eh! ci vuol altro, ci vuol altro, ci vuol altro. Cos? dicendo prese il lume, e, brontolando sempre: - una piccola bagattella! a un galantuomo par mio! e domani com'andr?? - e altre simili lamentazioni, s'avvi? per salire in camera. Giunto su la soglia, si volt? indietro verso Perpetua, mise il dito sulla bocca, disse, con tono lento e solenne : - per amor del cielo! -, e disparve.

Capitolo II

         Si racconta che il principe di Cond? dorm? profondamente la notte avanti la giornata di Rocroi: ma, in primo luogo, era molto affaticato; secondariamente aveva gi? date tutte le disposizioni necessarie, e stabilito ci? che dovesse fare, la mattina. Don Abbondio in vece non sapeva altro ancora se non che l'indemani sarebbe giorno di battaglia; quindi una gran parte della notte fu spesa in consulte angosciose. Non far caso dell'intimazione ribalda, n? delle minacce, e fare il matrimonio, era un partito, che non volle neppur mettere in deliberazione. Confidare a Renzo l'occorrente, e cercar con lui qualche mezzo... Dio liberi! - Non si lasci scappar parola... altrimenti... ehm! - aveva detto un di que' bravi; e, al sentirsi rimbombar quell'ehm! nella mente, don Abbondio, non che pensare a trasgredire una tal legge, si pentiva anche dell'aver ciarlato con Perpetua. Fuggire? Dove? E poi! Quant'impicci, e quanti conti da rendere! A ogni partito che rifiutava, il pover'uomo si rivoltava nel letto. Quello che, per ogni verso, gli parve il meglio o il men male, fu di guadagnar tempo, menando Renzo per le lunghe. Si ramment? a proposito, che mancavan pochi giorni al tempo proibito per le nozze; ?e, se posso tenere a bada, per questi pochi giorni, quel ragazzone, ho poi due mesi di respiro; e, in due mesi, pu? nascer di gran cose?. Rumin? pretesti da metter in campo; e, bench? gli paressero un po' leggieri, pur s'andava rassicurando col pensiero che la sua autorit? gli avrebbe fatti parer di giusto peso, e che la sua antica esperienza gli darebbe gran vantaggio sur un giovanetto ignorante. ?Vedremo, - diceva tra s?: - egli pensa alla morosa; ma io penso alla pelle: il pi? interessato son io, lasciando stare che sono il pi? accorto. Figliuol caro, se tu ti senti il bruciore addosso, non so che dire; ma io non voglio andarne di mezzo?. Fermato cos? un poco l'animo a una deliberazione, pot? finalmente chiuder occhio: ma che sonno! che sogni! Bravi, don Rodrigo, Renzo, viottole, rupi, fughe, inseguimenti, grida, schioppettate. Il primo svegliarsi, dopo una sciagura, e in un impiccio, ? un momento molto amaro. La mente, appena risentita, ricorre all'idee abituali della vita tranquilla antecedente; ma il pensiero del nuovo stato di cose le si affaccia subito sgarbatamente; e il dispiacere ne ? pi? vivo in quel paragone istantaneo. Assaporato dolorosamente questo momento, don Abbondio ricapitol? subito i suoi disegni della notte, si conferm? in essi, gli ordin? meglio, s'alz?, e stette aspettando Renzo con timore e, ad un tempo, con impazienza. Lorenzo o, come dicevan tutti, Renzo non si fece molto aspettare. Appena gli parve ora di poter, senza indiscrezione, presentarsi al curato, v'and?, con la lieta furia d'un uomo di vent'anni, che deve in quel giorno sposare quella che ama. Era, fin dall'adolescenza, rimasto privo de' parenti, ed esercitava la professione di filatore di seta, ereditaria, per dir cos?, nella sua famiglia; professione, negli anni indietro, assai lucrosa; allora gi? in decadenza, ma non per? a segno che un abile operaio non potesse cavarne di che vivere onestamente. Il lavoro andava di giorno in giorno scemando; ma l'emigrazione continua de' lavoranti, attirati negli stati vicini da promesse, da privilegi e da grosse paghe, faceva s? che non ne mancasse ancora a quelli che rimanevano in paese. Oltre di questo, possedeva Renzo un poderetto che faceva lavorare e lavorava egli stesso, quando il filatoio stava fermo; di modo che, per la sua condizione, poteva dirsi agiato. E quantunque quell'annata fosse ancor pi? scarsa delle antecedenti, e gi? si cominciasse a provare una vera carestia, pure il nostro giovine, che, da quando aveva messi gli occhi addosso a Lucia, era divenuto massaio, si trovava provvisto bastantemente, e non aveva a contrastar con la fame. Comparve davanti a don Abbondio, in gran gala, con penne di vario colore al cappello, col suo pugnale del manico bello, nel taschino de' calzoni, con una cert'aria di festa e nello stesso tempo di braver?a, comune allora anche agli uomini pi? quieti. L'accoglimento incerto e misterioso di don Abbondio fece un contrapposto singolare ai modi gioviali e risoluti del giovinotto.
         ?Che abbia qualche pensiero per la testa?, argoment? Renzo tra s?; poi disse: - son venuto, signor curato, per sapere a che ora le comoda che ci troviamo in chiesa.
         - Di che giorno volete parlare?
         - Come, di che giorno? non si ricorda che s'? fissato per oggi?
         - Oggi? - replic? don Abbondio, come se ne sentisse parlare per la prima volta. - Oggi, oggi... abbiate pazienza, ma oggi non posso.
         - Oggi non pu?! Cos'? nato?
         - Prima di tutto, non mi sento bene, vedete.
         - Mi dispiace; ma quello che ha da fare ? cosa di cos? poco tempo, e di cos? poca fatica...
         - E poi, e poi, e poi...
         - E poi che cosa?
         - E poi c'? degli imbrogli.
         - Degl'imbrogli? Che imbrogli ci pu? essere?
         - Bisognerebbe trovarsi nei nostri piedi, per conoscer quanti impicci nascono in queste materie, quanti conti s'ha da rendere. Io son troppo dolce di cuore, non penso che a levar di mezzo gli ostacoli, a facilitar tutto, a far le cose secondo il piacere altrui, e trascuro il mio dovere; e poi mi toccan de' rimproveri, e peggio.
         - Ma, col nome del cielo, non mi tenga cos? sulla corda, e mi dica chiaro e netto cosa c'?.
         - Sapete voi quante e quante formalit? ci vogliono per fare un matrimonio in regola?
         - Bisogna ben ch'io ne sappia qualche cosa, - disse Renzo, cominciando ad alterarsi, - poich? me ne ha gi? rotta bastantemente la testa, questi giorni addietro. Ma ora non s'? sbrigato ogni cosa? non s'? fatto tutto ci? che s'aveva a fare?
         - Tutto, tutto, pare a voi: perch?, abbiate pazienza, la bestia son io, che trascuro il mio dovere, per non far penare la gente. Ma ora... basta, so quel che dico. Noi poveri curati siamo tra l'ancudine e il martello: voi impaziente; vi compatisco, povero giovane; e i superiori... basta, non si pu? dir tutto. E noi siam quelli che ne andiam di mezzo.
         - Ma mi spieghi una volta cos'? quest'altra formalit? che s'ha a fare, come dice; e sar? subito fatta.
         - Sapete voi quanti siano gl'impedimenti dirimenti?
         - Che vuol ch'io sappia d'impedimenti?
         - Error, conditio, votum, cognatio, crimen,Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,
         Si sis affinis,... - cominciava don Abbondio, contando sulla punta delle dita.
         - Si piglia gioco di me? - interruppe il giovine. - Che vuol ch'io faccia del suo latinorum?
         - Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e rimettetevi a chi le sa.
         - Ors?!...
         - Via, caro Renzo, non andate in collera, che son pronto a fare... tutto quello che dipende da me. Io, io vorrei vedervi contento; vi voglio bene io. Eh!... quando penso che stavate cos? bene; cosa vi mancava? V'? saltato il grillo di maritarvi...
         - Che discorsi son questi, signor mio? - proruppe Renzo, con un volto tra l'attonito e l'adirato.
         - Dico per dire, abbiate pazienza, dico per dire. Vorrei vedervi contento.
         - In somma...
         - In somma, figliuol caro, io non ci ho colpa; la legge non l'ho fatta io. E, prima di conchiudere un matrimonio, noi siam proprio obbligati a far molte e molte ricerche, per assicurarci che non ci siano impedimenti.
         - Ma via, mi dica una volta che impedimento ? sopravvenuto?
         - Abbiate pazienza, non son cose da potersi decifrare cos? su due piedi. Non ci sar? niente, cos? spero; ma, non ostante, queste ricerche noi le dobbiam fare. Il testo ? chiaro e lampante: antequam matrimonium denunciet...
         - Le ho detto che non voglio latino.
         - Ma bisogna pur che vi spieghi...
         - Ma non le ha gi? fatte queste ricerche?
         - Non le ho fatte tutte, come avrei dovuto, vi dico.
         - Perch? non le ha fatte a tempo? perch? dirmi che tutto era finito? perch? aspettare...
         - Ecco! mi rimproverate la mia troppa bont?. Ho facilitato ogni cosa per servirvi pi? presto: ma... ma ora mi son venute... basta, so io.
         - E che vorrebbe ch'io facessi?
         - Che aveste pazienza per qualche giorno. Figliuol caro, qualche giorno non ? poi l'eternit?: abbiate pazienza.
         - Per quanto?
         ?Siamo a buon porto?, pens? fra s? don Abbondio; e, con un fare pi? manieroso che mai, - via, - disse: - in quindici giorni cercher?,... procurer?...
         - Quindici giorni! oh questa s? ch'? nuova! S'? fatto tutto ci? che ha voluto lei; s'? fissato il giorno; il giorno arriva; e ora lei mi viene a dire che aspetti quindici giorni! Quindici - riprese poi, con voce pi? alta e stizzosa, stendendo il braccio, e battendo il pugno nell'aria; e chi sa qual diavoleria avrebbe attaccata a quel numero, se don Abbondio non l'avesse interrotto, prendendogli l'altra mano, con un'amorevolezza timida e premurosa: - via, via, non v'alterate, per amor del cielo. Vedr?, cercher? se, in una settimana...
         - E a Lucia che devo dire?
         - Ch'? stato un mio sbaglio.
         - E i discorsi del mondo?
         - Dite pure a tutti, che ho sbagliato io, per troppa furia, per troppo buon cuore: gettate tutta la colpa addosso a me. Posso parlar meglio? via, per una settimana.
         - E poi, non ci sar? pi? altri impedimenti?
         - Quando vi dico...
         - Ebbene: avr? pazienza per una settimana; ma ritenga bene che, passata questa, non m'appagher? pi? di chiacchiere. Intanto la riverisco -. E cos? detto, se n'and?, facendo a don Abbondio un inchino men profondo del solito, e dandogli un'occhiata pi? espressiva che riverente.
         Uscito poi, e camminando di mala voglia, per la prima volta, verso la casa della sua promessa, in mezzo alla stizza, tornava con la mente su quel colloquio; e sempre pi? lo trovava strano. L'accoglienza fredda e impicciata di don Abbondio, quel suo parlare stentato insieme e impaziente, que' due occhi grigi che, mentre parlava, eran sempre andati scappando qua e l?, come se avesser avuto paura d'incontrarsi con le parole che gli uscivan di bocca, quel farsi quasi nuovo del matrimonio cos? espressamente concertato, e sopra tutto quell'accennar sempre qualche gran cosa, non dicendo mai nulla di chiaro; tutte queste circostanze messe insieme facevan pensare a Renzo che ci fosse sotto un mistero diverso da quello che don Abbondio aveva voluto far credere. Stette il giovine in forse un momento di tornare indietro, per metterlo alle strette, e farlo parlar pi? chiaro; ma, alzando gli occhi, vide Perpetua che camminava dinanzi a lui, ed entrava in un orticello pochi passi distante dalla casa. Le diede una voce, mentre essa apriva l'uscio; studi? il passo, la raggiunse, la ritenne sulla soglia, e, col disegno di scovar qualche cosa di pi? positivo, si ferm? ad attaccar discorso con essa.
         - Buon giorno, Perpetua: io speravo che oggi si sarebbe stati allegri insieme.
         - Ma! quel che Dio vuole, il mio povero Renzo.
         - Fatemi un piacere: quel benedett'uomo del signor curato m'ha impastocchiate certe ragioni che non ho potuto ben capire: spiegatemi voi meglio perch? non pu? o non vuole maritarci oggi.
         - Oh! vi par egli ch'io sappia i segreti del mio padrone?
         ?L'ho detto io, che c'era mistero sotto?, pens? Renzo; e, per tirarlo in luce, continu?: - via, Perpetua; siamo amici; ditemi quel che sapete, aiutate un povero figliuolo.
         - Mala cosa nascer povero, il mio caro Renzo.
         - E' vero, - riprese questo, sempre pi? confermandosi ne' suoi sospetti; e, cercando d'accostarsi pi? alla questione, - ? vero, - soggiunse, - ma tocca ai preti a trattar male co' poveri?
         - Sentite, Renzo; io non posso dir niente, perch?... non so niente; ma quello che vi posso assicurare ? che il mio padrone non vuol far torto, n? a voi n? a nessuno; e lui non ci ha colpa.
         - Chi ? dunque che ci ha colpa? - domand? Renzo, con un cert'atto trascurato, ma col cuor sospeso, e con l'orecchio all'erta.
         - Quando vi dico che non so niente... In difesa del mio padrone, posso parlare; perch? mi fa male sentire che gli si dia carico di voler far dispiacere a qualcheduno. Pover'uomo! se pecca, ? per troppa bont?. C'? bene a questo mondo de' birboni, de' prepotenti, degli uomini senza timor di Dio...
         ?Prepotenti! birboni! - pens? Renzo: - questi non sono i superiori?. - Via, - disse poi, nascondendo a stento l'agitazione crescente, - via, ditemi chi ?.
         - Ah! voi vorreste farmi parlare; e io non posso parlare, perch?... non so niente: quando non so niente, ? come se avessi giurato di tacere. Potreste darmi la corda, che non mi cavereste nulla di bocca. Addio; ? tempo perduto per tutt'e due -. Cos? dicendo, entr? in fretta nell'orto, e chiuse l'uscio. Renzo, rispostole con un saluto, torna indietro pian piano, per non farla accorgere del cammino che prendeva; ma, quando fu fuor del tiro dell'orecchio della buona donna, allunga il passo; in un momento fu all'uscio di don Abbondio; entr?, and? diviato al salotto dove l'aveva lasciato, ve lo trov?, e corse verso lui, con un fare ardito, e con gli occhi stralunati.
         - Eh! eh! che novit? ? questa? - disse don Abbondio.
         - Chi ? quel prepotente, - disse Renzo, con la voce d'un uomo ch'? risoluto d'ottenere una risposta precisa, - chi ? quel prepotente che non vuol ch'io sposi Lucia?
         - Che? che? che? - balbett? il povero sorpreso, con un volto fatto in un istante bianco e floscio, come un cencio che esca del bucato. E, pur brontolando, spicc? un salto dal suo seggiolone, per lanciarsi all'uscio. Ma Renzo, che doveva aspettarsi quella mossa, e stava all'erta, vi balz? prima di lui, gir? la chiave, e se la mise in tasca.
         - Ah! ah! parler? ora, signor curato? Tutti sanno i fatti miei, fuori di me. Voglio saperli, per bacco, anch'io. Come si chiama colui?
         - Renzo! Renzo! per carit?, badate a quel che fate; pensate all'anima vostra.
         - Penso che lo voglio saper subito, sul momento -. E, cos? dicendo, mise, forse senza avvedersene, la mano sul manico del coltello che gli usciva dal taschino.
         - Misericordia! - esclam? con voce fioca don Abbondio.
         - Lo voglio sapere.
         - Chi v'ha detto...
         - No, no; non pi? fandonie. Parli chiaro e subito.
         - Mi volete morto?
         - Voglio sapere ci? che ho ragion di sapere.
         - Ma se parlo, son morto. Non m'ha da premere la mia vita?
         - Dunque parli. Quel ?dunque? fu proferito con una tale energia, l'aspetto di Renzo divenne cos? minaccioso, che don Abbondio non pot? pi? nemmen supporre la possibilit? di disubbidire.
         - Mi promettete, mi giurate, - disse - di non parlarne con nessuno, di non dir mai...?
         - Le prometto che fo uno sproposito, se lei non mi dice subito subito il nome di colui.
         A quel nuovo scongiuro, don Abbondio, col volto, e con lo sguardo di chi ha in bocca le tanaglie del cavadenti, profer?: - don...
         - Don? - ripet? Renzo, come per aiutare il paziente a buttar fuori il resto; e stava curvo, con l'orecchio chino sulla bocca di lui, con le braccia tese, e i pugni stretti all'indietro.
         - Don Rodrigo! - pronunzi? in fretta il forzato, precipitando quelle poche sillabe, e strisciando le consonanti, parte per il turbamento, parte perch?, rivolgendo pure quella poca attenzione che gli rimaneva libera, a fare una transazione tra le due paure, pareva che volesse sottrarre e fare scomparir la parola, nel punto stesso ch'era costretto a metterla fuori.
         - Ah cane! - url? Renzo. - E come ha fatto? Cosa le ha detto per...?
         - Come eh? come? - rispose, con voce quasi sdegnosa, don Abbondio, il quale, dopo un cos? gran sagrifizio, si sentiva in certo modo divenuto creditore. - Come eh? Vorrei che la fosse toccata a voi, come ? toccata a me, che non c'entro per nulla; che certamente non vi sarebber rimasti tanti grilli in capo -. E qui si fece a dipinger con colori terribili il brutto incontro; e, nel discorrere, accorgendosi sempre pi? d'una gran collera che aveva in corpo, e che fin allora era stata nascosta e involta nella paura, e vedendo nello stesso tempo che Renzo, tra la rabbia e la confusione, stava immobile, col capo basso, continu? allegramente: - avete fatta una bella azione! M'avete reso un bel servizio! Un tiro di questa sorte a un galantuomo, al vostro curato! in casa sua! in luogo sacro! Avete fatta una bella prodezza! Per cavarmi di bocca il mio malanno, il vostro malanno! ci? ch'io vi nascondevo per prudenza, per vostro bene! E ora che lo sapete? Vorrei vedere che mi faceste...! Per amor del cielo! Non si scherza. Non si tratta di torto o di ragione; si tratta di forza. E quando, questa mattina, vi davo un buon parere... eh! subito nelle furie. Io avevo giudizio per me e per voi; ma come si fa? Aprite almeno; datemi la mia chiave.
         - Posso aver fallato, - rispose Renzo, con voce raddolcita verso don Abbondio, ma nella quale si sentiva il furore contro il nemico scoperto: - posso aver fallato; ma si metta la mano al petto, e pensi se nel mio caso...
         Cos? dicendo, s'era levata la chiave di tasca, e andava ad aprire. Don Abbondio gli and? dietro, e, mentre quegli girava la chiave nella toppa, se gli accost?, e, con volto serio e ansioso, alzandogli davanti agli occhi le tre prime dita della destra, come per aiutarlo anche lui dal canto suo, - giurate almeno... - gli disse.
         - Posso aver fallato; e mi scusi, - rispose Renzo, aprendo, e disponendosi ad uscire.
         - Giurate... - replic? don Abbondio, afferrandogli il braccio con la mano tremante.
         - Posso aver fallato, - ripet? Renzo, sprigionandosi da lui; e part? in furia, troncando cos? la questione, che, al pari d'una questione di letteratura o di filosofia o d'altro, avrebbe potuto durar dei secoli, giacch? ognuna delle parti non faceva che replicare il suo proprio argomento.
         - Perpetua! Perpetua! - grid? don Abbondio, dopo avere invano richiamato il fuggitivo. Perpetua non risponde: don Abbondio non sapeva pi? in che mondo si fosse.
         E' accaduto pi? d'una volta a personaggi di ben pi? alto affare che don Abbondio, di trovarsi in frangenti cos? fastidiosi, in tanta incertezza di partiti, che parve loro un ottimo ripiego mettersi a letto con la febbre. Questo ripiego, egli non lo dovette andare a cercare, perch? gli si offerse da s?. La paura del giorno avanti, la veglia angosciosa della notte, la paura avuta in quel momento, l'ansiet? dell'avvenire, fecero l'effetto. Affannato e balordo, si ripose sul suo seggiolone, cominci? a sentirsi qualche brivido nell'ossa, si guardava le unghie sospirando, e chiamava di tempo in tempo, con voce tremolante e stizzosa: - Perpetua! - La venne finalmente, con un gran cavolo sotto il braccio, e con la faccia tosta, come se nulla fosse stato. Risparmio al lettore i lamenti, le condoglianze, le accuse, le difese, i ?voi sola potete aver parlato?, e i ?non ho parlato?, tutti i pasticci in somma di quel colloquio. Basti dire che don Abbondio ordin? a Perpetua di metter la stanga all'uscio, di non aprir pi? per nessuna cagione, e, se alcun bussasse, risponder dalla finestra che il curato era andato a letto con la febbre. Sal? poi lentamente le scale, dicendo, ogni tre scalini, - son servito -; e si mise davvero a letto, dove lo lasceremo.
         Renzo intanto camminava a passi infuriati verso casa, senza aver determinato quel che dovesse fare, ma con una smania addosso di far qualcosa di strano e di terribile. I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi. Renzo era un giovine pacifico e alieno dal sangue, un giovine schietto e nemico d'ogni insidia; ma, in que' momenti, il suo cuore non batteva che per l'omicidio, la sua mente non era occupata che a fantasticare un tradimento. Avrebbe voluto correre alla casa di don Rodrigo, afferrarlo per il collo, e... ma gli veniva in mente ch'era come una fortezza, guarnita di bravi al di dentro, e guardata al di fuori; che i soli amici e servitori ben conosciuti v'entravan liberamente, senza essere squadrati da capo a piedi; che un artigianello sconosciuto non vi potrebb'entrare senza un esame, e ch'egli sopra tutto... egli vi sarebbe forse troppo conosciuto. Si figurava allora di prendere il suo schioppo, d'appiattarsi dietro una siepe, aspettando se mai, se mai colui venisse a passar solo; e, internandosi, con feroce compiacenza, in quell'immaginazione, si figurava di sentire una pedata, quella pedata, d'alzar chetamente la testa; riconosceva lo scellerato, spianava lo schioppo, prendeva la mira, sparava, lo vedeva cadere e dare i tratti, gli lanciava una maledizione, e correva sulla strada del confine a mettersi in salvo. ?E Lucia?? Appena questa parola si fu gettata a traverso di quelle bieche fantasie, i migliori pensieri a cui era avvezza la mente di Renzo, v'entrarono in folla. Si ramment? degli ultimi ricordi de' suoi parenti, si ramment? di Dio, della Madonna e de' santi, pens? alla consolazione che aveva tante volte provata di trovarsi senza delitti, all'orrore che aveva tante volte provato al racconto d'un omicidio; e si risvegli? da quel sogno di sangue, con ispavento, con rimorso, e insieme con una specie di gioia di non aver fatto altro che immaginare. Ma il pensiero di Lucia, quanti pensieri tirava seco! Tante speranze, tante promesse, un avvenire cos? vagheggiato, e cos? tenuto sicuro, e quel giorno cos? sospirato! E come, con che parole annunziarle una tal nuova? E poi, che partito prendere? Come farla sua, a dispetto della forza di quell'iniquo potente? E insieme a tutto questo, non un sospetto formato, ma un'ombra tormentosa gli passava per la mente. Quella soverchieria di don Rodrigo non poteva esser mossa che da una brutale passione per Lucia. E Lucia? Che avesse data a colui la pi? piccola occasione, la pi? leggiera lusinga, non era un pensiero che potesse fermarsi un momento nella testa di Renzo. Ma n'era informata? Poteva colui aver concepita quell'infame passione, senza che lei se n'avvedesse? Avrebbe spinte le cose tanto in l?, prima d'averla tentata in qualche modo? E Lucia non ne aveva mai detta una parola a lui! al suo promesso!
         Dominato da questi pensieri, pass? davanti a casa sua, ch'era nel mezzo del villaggio, e, attraversatolo, s'avvi? a quella di Lucia, ch'era in fondo, anzi un po' fuori. Aveva quella casetta un piccolo cortile dinanzi, che la separava dalla strada, ed era cinto da un murettino. Renzo entr? nel cortile, e sent? un misto e continuo ronz?o che veniva da una stanza di sopra. S'immagin? che sarebbero amiche e comari, venute a far corteggio a Lucia; e non si volle mostrare a quel mercato, con quella nuova in corpo e sul volto. Una fanciulletta che si trovava nel cortile, gli corse incontro gridando: - lo sposo! lo sposo!
         - Zitta, Bettina, zitta! - disse Renzo. - Vien qua; va' su da Lucia, tirala in disparte, e dille all'orecchio... ma che nessun senta, n? sospetti di nulla, ve'... dille che ho da parlarle, che l'aspetto nella stanza terrena, e che venga subito -. La fanciulletta sal? in fretta le scale, lieta e superba d'avere una commission segreta da eseguire.
         Lucia usciva in quel momento tutta attillata dalle mani della madre. Le amiche si rubavano la sposa, e le facevan forza perch? si lasciasse vedere; e lei s'andava schermendo, con quella modestia un po' guerriera delle contadine, facendosi scudo alla faccia col gomito, chinandola sul busto, e aggrottando i lunghi e neri sopraccigli, mentre per? la bocca s'apriva al sorriso. I neri e giovanili capelli, spartiti sopra la fronte, con una bianca e sottile dirizzatura, si ravvolgevan, dietro il capo, in cerchi moltiplici di trecce, trapassate da lunghi spilli d'argento, che si dividevano all'intorno, quasi a guisa de' raggi d'un'aureola, come ancora usano le contadine nel Milanese. Intorno al collo aveva un vezzo di granati alternati con bottoni d'oro a filigrana: portava un bel busto di broccato a fiori, con le maniche separate e allacciate da bei nastri: una corta gonnella di filaticcio di seta, a pieghe fitte e minute, due calze vermiglie, due pianelle, di seta anch'esse, a ricami. Oltre a questo, ch'era l'ornamento particolare del giorno delle nozze, Lucia aveva quello quotidiano d'una modesta bellezza, rilevata allora e accresciuta dalle varie affezioni che le si dipingevan sul viso: una gioia temperata da un turbamento leggiero, quel placido accoramento che si mostra di quand'in quando sul volto delle spose, e, senza scompor la bellezza, le d? un carattere particolare. La piccola Bettina si cacci? nel crocchio, s'accost? a Lucia, le fece intendere accortamente che aveva qualcosa da comunicarle, e le disse la sua parolina all'orecchio.
         - Vo un momento, e torno, - disse Lucia alle donne; e scese in fretta. Al veder la faccia mutata, e il portamento inquieto di Renzo, - cosa c'?? - disse, non senza un presentimento di terrore.
         - Lucia! - rispose Renzo , - per oggi, tutto ? a monte; e Dio sa quando potremo esser marito e moglie.
         - Che? - disse Lucia tutta smarrita. Renzo le raccont? brevemente la storia di quella mattina: ella ascoltava con angoscia: e quando ud? il nome di don Rodrigo, - ah! - esclam?, arrossendo e tremando, - fino a questo segno!
         - Dunque voi sapevate...? - disse Renzo.
         - Pur troppo! - rispose Lucia; - ma a questo segno!
         - Che cosa sapevate?
         - Non mi fate ora parlare, non mi fate piangere. Corro a chiamar mia madre, e a licenziar le donne: bisogna che siam soli.
         Mentre ella partiva, Renzo sussurr?: - non m'avete mai detto niente.
         - Ah, Renzo! - rispose Lucia, rivolgendosi un momento, senza fermarsi. Renzo intese benissimo che il suo nome pronunziato in quel momento, con quel tono, da Lucia, voleva dire: potete voi dubitare ch'io abbia taciuto se non per motivi giusti e puri?
         Intanto la buona Agnese (cos? si chiamava la madre di Lucia), messa in sospetto e in curiosit? dalla parolina all'orecchio, e dallo sparir della figlia, era discesa a veder cosa c'era di nuovo. La figlia la lasci? con Renzo, torn? alle donne radunate, e, accomodando l'aspetto e la voce, come pot? meglio, disse: - il signor curato ? ammalato; e oggi non si fa nulla -. Ci? detto, le salut? tutte in fretta, e scese di nuovo.
         Le donne sfilarono, e si sparsero a raccontar l'accaduto. Due o tre andaron fin all'uscio del curato, per verificar se era ammalato davvero.
         - Un febbrone, - rispose Perpetua dalla finestra; e la trista parola, riportata all'altre, tronc? le congetture che gi? cominciavano a brulicar ne' loro cervelli, e ad annunziarsi tronche e misteriose ne' loro discorsi.

Capitolo III

         Lucia entr? nella stanza terrena, mentre Renzo stava angosciosamente informando Agnese, la quale angosciosamente lo ascoltava. Tutt'e due si volsero a chi ne sapeva pi? di loro, e da cui aspettavano uno schiarimento, il quale non poteva essere che doloroso: tutt'e due, lasciando travedere, in mezzo al dolore, e con l'amore diverso che ognun d'essi portava a Lucia, un cruccio pur diverso perch? avesse taciuto loro qualche cosa, e una tal cosa. Agnese, bench? ansiosa di sentir parlare la figlia, non pot? tenersi di non farle un rimprovero. - A tua madre non dir niente d'una cosa simile!
         - Ora vi dir? tutto, - rispose Lucia, asciugandosi gli occhi col grembiule.
         - Parla, parla! - Parlate, parlate! - gridarono a un tratto la madre e lo sposo.
         - Santissima Vergine! - esclam? Lucia: - chi avrebbe creduto che le cose potessero arrivare a questo segno! - E, con voce rotta dal pianto, raccont? come, pochi giorni prima, mentre tornava dalla filanda, ed era rimasta indietro dalle sue compagne, le era passato innanzi don Rodrigo, in compagnia d'un altro signore; che il primo aveva cercato di trattenerla con chiacchiere, com'ella diceva, non punto belle; ma essa, senza dargli retta, aveva affrettato il passo, e raggiunte le compagne; e intanto aveva sentito quell'altro signore rider forte, e don Rodrigo dire: scommettiamo. Il giorno dopo, coloro s'eran trovati ancora sulla strada; ma Lucia era nel mezzo delle compagne, con gli occhi bassi; e l'altro signore sghignazzava, e don Rodrigo diceva: vedremo, vedremo. - Per grazia del cielo, - continu? Lucia, - quel giorno era l'ultimo della filanda. Io raccontai subito...
         - A chi hai raccontato? - domand? Agnese, andando incontro, non senza un po' di sdegno, al nome del confidente preferito.
         - Al padre Cristoforo, in confessione, mamma, - rispose Lucia, con un accento soave di scusa. - Gli raccontai tutto, l'ultima volta che siamo andate insieme alla chiesa del convento: e, se vi ricordate, quella mattina, io andava mettendo mano ora a una cosa, ora a un'altra, per indugiare, tanto che passasse altra gente del paese avviata a quella volta, e far la strada in compagnia con loro; perch?, dopo quell'incontro, le strade mi facevan tanta paura...
         Al nome riverito del padre Cristoforo, lo sdegno d'Agnese si raddolc?. - Hai fatto bene, - disse, - ma perch? non raccontar tutto anche a tua madre?
         Lucia aveva avute due buone ragioni: l'una, di non contristare n? spaventare la buona donna, per cosa alla quale essa non avrebbe potuto trovar rimedio; l'altra, di non metter a rischio di viaggiar per molte bocche una storia che voleva essere gelosamente sepolta: tanto pi? che Lucia sperava che le sue nozze avrebber troncata, sul principiare, quell'abbominata persecuzione. Di queste due ragioni per?, non alleg? che la prima.
         - E a voi, - disse poi, rivolgendosi a Renzo, con quella voce che vuol far riconoscere a un amico che ha avuto torto: - e a voi doveva io parlar di questo? Pur troppo lo sapete ora!
         - E che t'ha detto il padre? - domand? Agnese.
         - M'ha detto che cercassi d'affrettar le nozze il pi? che potessi, e intanto stessi rinchiusa; che pregassi bene il Signore; e che sperava che colui, non vedendomi, non si curerebbe pi? di me. E fu allora che mi sforzai, - prosegu?, rivolgendosi di nuovo a Renzo, senza alzargli per? gli occhi in viso, e arrossendo tutta, - fu allora che feci la sfacciata, e che vi pregai io che procuraste di far presto, e di concludere prima del tempo che s'era stabilito. Chi sa cosa avrete pensato di me! Ma io facevo per bene, ed ero stata consigliata, e tenevo per certo... e questa mattina, ero tanto lontana da pensare... - Qui le parole furon troncate da un violento scoppio di pianto.
         - Ah birbone! ah dannato! ah assassino! - gridava Renzo, correndo innanzi e indietro per la stanza, e stringendo di tanto in tanto il manico del suo coltello.
         - Oh che imbroglio, per amor di Dio! - esclamava Agnese. Il giovine si ferm? d'improvviso davanti a Lucia che piangeva; la guard? con un atto di tenerezza mesta e rabbiosa, e disse: - questa ? l'ultima che fa quell'assassino.
         - Ah! no, Renzo, per amor del cielo! - grid? Lucia. - No, no, per amor del cielo! Il Signore c'? anche per i poveri; e come volete che ci aiuti, se facciam del male?
         - No, no, per amor del cielo! - ripeteva Agnese.
         - Renzo, - disse Lucia, con un'aria di speranza e di risoluzione pi? tranquilla: - voi avete un mestiere, e io so lavorare: andiamo tanto lontano, che colui non senta pi? parlar di noi.
         - Ah Lucia! e poi? Non siamo ancora marito e moglie! Il curato vorr? farci la fede di stato libero? Un uomo come quello? Se fossimo maritati, oh allora...!
         Lucia si rimise a piangere; e tutt'e tre rimasero in silenzio, e in un abbattimento che faceva un tristo contrapposto alla pompa festiva de' loro abiti.
         - Sentite, figliuoli; date retta a me, - disse, dopo qualche momento, Agnese. - Io son venuta al mondo prima di voi; e il mondo lo conosco un poco. Non bisogna poi spaventarsi tanto: il diavolo non ? brutto quanto si dipinge. A noi poverelli le matasse paion pi? imbrogliate, perch? non sappiam trovarne il bandolo; ma alle volte un parere, una parolina d'un uomo che abbia studiato... so ben io quel che voglio dire. Fate a mio modo, Renzo; andate a Lecco; cercate del dottor Azzecca-garbugli, raccontategli... Ma non lo chiamate cos?, per amor del cielo: ? un soprannome. Bisogna dire il signor dottor... Come si chiama, ora? Oh to'! non lo so il nome vero: lo chiaman tutti a quel modo. Basta, cercate di quel dottore alto, asciutto, pelato, col naso rosso, e una voglia di lampone sulla guancia.
         - Lo conosco di vista, - disse Renzo.
         - Bene, - continu? Agnese: - quello ? una cima d'uomo! Ho visto io pi? d'uno ch'era pi? impicciato che un pulcin nella stoppa, e non sapeva dove batter la testa, e, dopo essere stato un'ora a quattr'occhi col dottor Azzecca-garbugli (badate bene di non chiamarlo cos?!), l'ho visto, dico, ridersene. Pigliate quei quattro capponi, poveretti! a cui dovevo tirare il collo, per il banchetto di domenica, e portateglieli; perch? non bisogna mai andar con le mani vote da que' signori. Raccontategli tutto l'accaduto; e vedrete che vi dir?, su due piedi, di quelle cose che a noi non verrebbero in testa, a pensarci un anno.
         Renzo abbracci? molto volentieri questo parere; Lucia l'approv?; e Agnese, superba d'averlo dato, lev?, a una a una, le povere bestie dalla st?a, riun? le loro otto gambe, come se facesse un mazzetto di fiori, le avvolse e le strinse con uno spago, e le consegn? in mano a Renzo; il quale, date e ricevute parole di speranza, usc? dalla parte dell'orto, per non esser veduto da' ragazzi, che gli correrebber dietro, gridando: lo sposo! lo sposo! Cos?, attraversando i campi o, come dicon col?, i luoghi, se n'and? per viottole, fremendo, ripensando alla sua disgrazia, e ruminando il discorso da fare al dottor Azzecca-garbugli. Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, cos? legate e tenute per le zampe, a capo all'in gi?, nella mano d'un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l'alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s'ingegnavano a beccarsi l'una con l'altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.
         Giunto al borgo, domand? dell'abitazione del dottore; gli fu indicata, e v'and?. All'entrare, si sent? preso da quella suggezione che i poverelli illetterati provano in vicinanza d'un signore e d'un dotto, e dimentic? tutti i discorsi che aveva preparati; ma diede un'occhiata ai capponi, e si rincor?. Entrato in cucina, domand? alla serva se si poteva parlare al signor dottore. Adocchi? essa le bestie, e, come avvezza a somiglianti doni, mise loro le mani addosso, quantunque Renzo andasse tirando indietro, perch? voleva che il dottore vedesse e sapesse ch'egli portava qualche cosa. Capit? appunto mentre la donna diceva: - date qui, e andate innanzi -. Renzo fece un grande inchino: il dottore l'accolse umanamente, con un - venite, figliuolo, - e lo fece entrar con s? nello studio. Era questo uno stanzone WB01343_.gif (1081 byte), su tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de' dodici Cesari; la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo, una tavola gremita d'allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride, con tre o quattro seggiole all'intorno, e da una parte un seggiolone a braccioli, con una spalliera alta e quadrata, terminata agli angoli da due ornamenti di legno, che s'alzavano a foggia di corna, coperta di vacchetta, con grosse borchie, alcune delle quali, cadute da gran tempo, lasciavano in libert? gli angoli della copertura, che s'accartocciava qua e l?. Il dottore era in veste da camera, cio? coperto d'una toga ormai consunta, che gli aveva servito, molt'anni addietro, per perorare, ne' giorni d'apparato, quando andava a Milano, per qualche causa d'importanza. Chiuse l'uscio, e fece animo al giovine, con queste parole: - figliuolo, ditemi il vostro caso.
         - Vorrei dirle una parola in confidenza.
         - Son qui, - rispose il dottore: - parlate -. E s'accomod? sul seggiolone. Renzo, ritto davanti alla tavola, con una mano nel cocuzzolo del cappello, che faceva girar con l'altra, ricominci?: - vorrei sapere da lei che ha studiato...
         - Ditemi il fatto come sta, - interruppe il dottore.
         - Lei m'ha da scusare: noi altri poveri non sappiamo parlar bene. Vorrei dunque sapere...
         - Benedetta gente! siete tutti cos?: in vece di raccontar il fatto, volete interrogare, perch? avete gi? i vostri disegni in testa.
         - Mi scusi, signor dottore. Vorrei sapere se, a minacciare un curato, perch? non faccia un matrimonio, c'? penale.
         ?Ho capito?, disse tra s? il dottore, che in verit? non aveva capito. ?Ho capito?. E subito si fece serio, ma d'una seriet? mista di compassione e di premura; strinse fortemente le labbra, facendone uscire un suono inarticolato che accennava un sentimento, espresso poi pi? chiaramente nelle sue prime parole. - Caso serio, figliuolo; caso contemplato. Avete fatto bene a venir da me. E' un caso chiaro, contemplato in cento gride, e... appunto, in una dell'anno scorso, dell'attuale signor governatore. Ora vi fo vedere, e toccar con mano.
         Cos? dicendo, s'alz? dal suo seggiolone, e cacci? le mani in quel caos di carte, rimescolandole dal sotto in su, come se mettesse grano in uno staio.
         - Dov'? ora? Vien fuori, vien fuori. Bisogna aver tante cose alle mani! Ma la dev'esser qui sicuro, perch? ? una grida d'importanza. Ah! ecco, ecco -. La prese, la spieg?, guard? alla data, e, fatto un viso ancor pi? serio, esclam?: - il 15 d'ottobre 1627! Sicuro; ? dell'anno passato: grida fresca; son quelle che fanno pi? paura. Sapete leggere, figliuolo?
         - Un pochino, signor dottore.
         - Bene, venitemi dietro con l'occhio, e vedrete. E, tenendo la grida sciorinata in aria, cominci? a leggere, borbottando a precipizio in alcuni passi, e fermandosi distintamente, con grand'espressione, sopra alcuni altri, secondo il bisogno:
         - Se bene, per la grida pubblicata d'ordine del signor Duca di Feria ai 14 di dicembre 1620, et confirmata dall'lllustriss. et Eccellentiss. Signore il Signor Gonzalo Fernandez de Cordova, eccetera, fu con rimedii straordinarii e rigorosi provvisto alle oppressioni, concussioni et atti tirannici che alcuni ardiscono di commettere contro questi Vassalli tanto divoti di S. M., ad ogni modo la frequenza degli eccessi, e la malitia, eccetera, ? cresciuta a segno, che ha posto in necessit? l'Eccell. Sua, eccetera. Onde, col parere del Senato et di una Giunta, eccetera, ha risoluto che si pubblichi la presente.
         - E cominciando dagli atti tirannici, mostrando l'esperienza che molti, cos? nelle Citt?, come nelle Ville... sentite? di questo Stato, con tirannide esercitano concussioni et opprimono i pi? deboli in varii modi, come in operare che si facciano contratti violenti di compre, d'affitti... eccetera: dove sei? ah! ecco; sentite: che seguano o non seguano matrimonii. Eh?
         E' il mio caso, - disse Renzo.
         - Sentite, sentite, c'? ben altro; e poi vedremo la pena. Si testifichi, o non si testifichi; che uno si parta dal luogo dove abita, eccetera; che quello paghi un debito; quell'altro non lo molesti, quello vada al suo molino: tutto questo non ha che far con noi. Ah ci siamo: quel prete non faccia quello che ? obbligato per l'uficio suo, o faccia cose che non gli toccano. Eh?
         - Pare che abbian fatta la grida apposta per me.
         - Eh? non ? vero? sentite, sentite: et altre simili violenze, quali seguono da feudatarii, nobili, mediocri, vili, et plebei. Non se ne scappa: ci son tutti: ? come la valle di Giosafat. Sentite ora la pena. Tutte queste et altre simili male attioni, bench? siano proibite, nondimeno, convenendo metter mano a maggior rigore, S. E., per la presente, non derogando, eccetera, ordina e comanda che contra li contravventori in qualsivoglia dei suddetti capi, o altro simile, si proceda da tutti li giudici ordinarii di questo Stato a pena pecuniaria e corporale, ancora di relegatione o di galera, e fino alla morte... una piccola bagattella! all'arbitrio dell'Eccellenza Sua, o del Senato, secondo la qualit? dei casi, persone e circostanze. E questo ir-re-mis-si-bil-mente e con ogni rigore, eccetera. Ce n'? della roba, eh? E vedete qui le sottoscrizioni: Gonzalo Fernandez de Cordova; e pi? in gi?: Platonus; e qui ancora: Vidit Ferrer: non ci manca niente.
         Mentre il dottore leggeva, Renzo gli andava dietro lentamente con l'occhio, cercando di cavar il costrutto chiaro, e di mirar proprio quelle sacrosante parole, che gli parevano dover esser il suo aiuto. Il dottore, vedendo il nuovo cliente pi? attento che atterrito, si maravigliava. ?Che sia matricolato costui?, pensava tra s?. - Ah! ah! - gli disse poi: - vi siete per? fatto tagliare il ciuffo. Avete avuto prudenza: per?, volendo mettervi nelle mie mani, non faceva bisogno. Il caso ? serio; ma voi non sapete quel che mi basti l'animo di fare, in un'occasione.
         Per intender quest'uscita del dottore, bisogna sapere, o rammentarsi che, a quel tempo, i bravi di mestiere, e i facinorosi d'ogni genere, usavan portare un lungo ciuffo, che si tiravan poi sul volto, come una visiera, all'atto d'affrontar qualcheduno, ne' casi in cui stimasser necessario di travisarsi, e l'impresa fosse di quelle, che richiedevano nello stesso tempo forza e prudenza. Le gride non erano state in silenzio su questa moda. Comanda Sua Eccellenza (il marchese de la Hynojosa) che chi porter? i capelli di tal lunghezza che coprano il fronte fino alli cigli esclusivamente, ovvero porter? la trezza, o avanti o dopo le orecchie, incorra la pena di trecento scudi; et in caso d'inhabilit?, di tre anni di galera, per la prima volta, e per la seconda, oltre la suddetta, maggiore ancora, pecuniaria et corporale, all'arbitrio di Sua Eccellenza.
         Permette per? che, per occasione di trovarsi alcuno calvo, o per altra ragionevole causa di segnale o ferita, possano quelli tali, per maggior decoro e sanit? loro, portare i capelli tanto lunghi, quanto sia bisogno per coprire simili mancamenti e niente di pi?; avvertendo bene a non eccedere il dovere e pura necessit?, per (non) incorrere nella pena agli altri contraffacienti imposta.
         E parimente comanda a' barbieri, sotto pena di cento scudi o di tre tratti di corda da esser dati loro in pubblico, et maggiore anco corporale, all'arbitrio come sopra, che non lascino a quelli che toseranno, sorte alcuna di dette trezze, zuffi, rizzi, n? capelli pi? lunghi dell'ordinario, cos? nella fronte come dalle bande, e dopo le orecchie, ma che siano tutti uguali, come sopra, salvo nel caso dei calvi, o altri difettosi, come si ? detto. Il ciuffo era dunque quasi una parte dell'armatura, e un distintivo de' bravacci e degli scapestrati; i quali poi da ci? vennero comunemente chiamati ciuffi. Questo termine ? rimasto e vive tuttavia, con significazione pi? mitigata, nel dialetto: e non ci sar? forse nessuno de' nostri lettori milanesi, che non si rammenti d'aver sentito, nella sua fanciullezza, o i parenti, o il maestro, o qualche amico di casa, o qualche persona di servizio, dir di lui: ? un ciuffo, ? un ciuffetto.
         - In verit?, da povero figliuolo, - rispose Renzo, - io non ho mai portato ciuffo in vita mia.
         - Non facciam niente, - rispose il dottore, scotendo il capo, con un sorriso, tra malizioso e impaziente. - Se non avete fede in me, non facciam niente. Chi dice le bugie al dottore, vedete figliuolo, ? uno sciocco che dir? la verit? al giudice. All'avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle. Se volete ch'io v'aiuti, bisogna dirmi tutto, dall'a fino alla zeta, col cuore in mano, come al confessore. Dovete nominarmi la persona da cui avete avuto il mandato: sar? naturalmente persona di riguardo; e, in questo caso, io ander? da lui, a fare un atto di dovere. Non gli dir?, vedete, ch'io sappia da voi, che v'ha mandato lui: fidatevi. Gli dir? che vengo ad implorar la sua protezione, per un povero giovine calunniato. E con lui prender? i concerti opportuni, per finir l'affare lodevolmente. Capite bene che, salvando s?, salver? anche voi. Se poi la scappata fosse tutta vostra, via, non mi ritiro: ho cavato altri da peggio imbrogli... Purch? non abbiate offeso persona di riguardo, intendiamoci, m'impegno a togliervi d'impiccio: con un po' di spesa, intendiamoci. Dovete dirmi chi sia l'offeso, come si dice: e, secondo la condizione, la qualit? e l'umore dell'amico, si vedr? se convenga pi? di tenerlo a segno con le protezioni, o trovar qualche modo d'attaccarlo noi in criminale, e mettergli una pulce nell'orecchio; perch?, vedete, a saper ben maneggiare le gride, nessuno ? reo, e nessuno ? innocente. In quanto al curato, se ? persona di giudizio, se ne star? zitto; se fosse una testolina, c'? rimedio anche per quelle. D'ogni intrigo si pu? uscire; ma ci vuole un uomo: e il vostro caso ? serio, vi dico, serio: la grida canta chiaro; e se la cosa si deve decider tra la giustizia e voi, cos? a quattr'occhi, state fresco. Io vi parlo da amico: le scappate bisogna pagarle: se volete passarvela liscia, danari e sincerit?, fidarvi di chi vi vuol bene, ubbidire, far tutto quello che vi sar? suggerito.
         Mentre il dottore mandava fuori tutte queste parole, Renzo lo stava guardando con un'attenzione estatica, come un materialone sta sulla piazza guardando al giocator di bussolotti, che, dopo essersi cacciata in bocca stoppa e stoppa e stoppa, ne cava nastro e nastro e nastro, che non finisce mai. Quand'ebbe per? capito bene cosa il dottore volesse dire, e quale equivoco avesse preso, gli tronc? il nastro in bocca, dicendo: - oh! signor dottore, come l'ha intesa? l'? proprio tutta al rovescio. Io non ho minacciato nessuno; io non fo di queste cose, io: e domandi pure a tutto il mio comune, che sentir? che non ho mai avuto che fare con la giustizia. La bricconeria l'hanno fatta a me; e vengo da lei per sapere come ho da fare per ottener giustizia; e son ben contento d'aver visto quella grida.
         - Diavolo! - esclam? il dottore, spalancando gli occhi. - Che pasticci mi fate? Tant'?; siete tutti cos?: possibile che non sappiate dirle chiare le cose?
         - Ma mi scusi; lei non m'ha dato tempo: ora le racconter? la cosa, com'?. Sappia dunque ch'io dovevo sposare oggi, - e qui la voce di Renzo si commosse, - dovevo sposare oggi una giovine, alla quale discorrevo, fin da quest'estate; e oggi, come le dico, era il giorno stabilito col signor curato, e s'era disposto ogni cosa. Ecco che il signor curato comincia a cavar fuori certe scuse... basta, per non tediarla, io l'ho fatto parlar chiaro, com'era giusto; e lui m'ha confessato che gli era stato proibito, pena la vita, di far questo matrimonio. Quel prepotente di don Rodrigo...
         - Eh via! - interruppe subito il dottore, aggrottando le ciglia, aggrinzando il naso rosso, e storcendo la bocca, - eh via! Che mi venite a rompere il capo con queste fandonie? Fate di questi discorsi tra voi altri, che non sapete misurar le parole; e non venite a farli con un galantuomo che sa quanto valgono. Andate, andate; non sapete quel che vi dite: io non m'impiccio con ragazzi; non voglio sentir discorsi di questa sorte, discorsi in aria.
         - Le giuro...
         - Andate, vi dico: che volete ch'io faccia de' vostri giuramenti? Io non c'entro: me ne lavo le mani -. E se le andava stropicciando, come se le lavasse davvero. - Imparate a parlare: non si viene a sorprender cos? un galantuomo.
         - Ma senta, ma senta, - ripeteva indarno Renzo: il dottore, sempre gridando, lo spingeva con le mani verso l'uscio; e, quando ve l'ebbe cacciato, apr?, chiam? la serva, e le disse: - restituite subito a quest'uomo quello che ha portato: io non voglio niente, non voglio niente.
         Quella donna non aveva mai, in tutto il tempo ch'era stata in quella casa, eseguito un ordine simile: ma era stato proferito con una tale risoluzione, che non esit? a ubbidire. Prese le quattro povere bestie, e le diede a Renzo, con un'occhiata di compassione sprezzante, che pareva volesse dire: bisogna che tu l'abbia fatta bella. Renzo voleva far cerimonie; ma il dottore fu inespugnabile; e il giovine, pi? attonito e pi? stizzito che mai, dovette riprendersi le vittime rifiutate, e tornar al paese, a raccontar alle donne il bel costrutto della sua spedizione.
         Le donne, nella sua assenza, dopo essersi tristamente levate il vestito delle feste e messo quello del giorno di lavoro, si misero a consultar di nuovo, Lucia singhiozzando e Agnese sospirando. Quando questa ebbe ben parlato de' grandi effetti che si dovevano sperare dai consigli del dottore, Lucia disse che bisognava veder d'aiutarsi in tutte le maniere; che il padre Cristoforo era uomo non solo da consigliare, ma da metter l'opera sua, quando si trattasse di sollevar poverelli; e che sarebbe una gran bella cosa potergli far sapere ci? ch'era accaduto. - Sicuro, - disse Agnese: e si diedero a cercare insieme la maniera; giacch? andar esse al convento, distante di l? forse due miglia, non se ne sentivano il coraggio, in quel giorno: e certo nessun uomo di giudizio gliene avrebbe dato il parere. Ma, nel mentre che bilanciavano i partiti, si sent? un picchietto all'uscio, e, nello stesso momento, un sommesso ma distinto - Deo gratias -. Lucia, immaginandosi chi poteva essere, corse ad aprire; e subito, fatto un piccolo inchino famigliare, venne avanti un laico cercatore cappuccino, con la sua bisaccia pendente alla spalla sinistra, e tenendone l'imboccatura attortigliata e stretta nelle due mani sul petto.
         - Oh fra Galdino! - dissero le due donne. WB01343_.gif (1081 byte)
         - Il Signore sia con voi, - disse il frate. - Vengo alla cerca delle noci.
         - Va' a prender le noci per i padri, - disse Agnese. Lucia s'alz?, e s'avvi? all'altra stanza, ma, prima d'entrarvi, si trattenne dietro le spalle di fra Galdino, che rimaneva diritto nella medesima positura; e, mettendo il dito alla bocca, diede alla madre un'occhiata che chiedeva il segreto, con tenerezza, con supplicazione, e anche con una certa autorit?.
         Il cercatore, sbirciando Agnese cos? da lontano, disse: - e questo matrimonio? Si doveva pur fare oggi: ho veduto nel paese una certa confusione, come se ci fosse una novit?. Cos'? stato?
         - Il signor curato ? ammalato, e bisogna differire, - rispose in fretta la donna. Se Lucia non faceva quel segno, la risposta sarebbe probabilmente stata diversa. - E come va la cerca? - soggiunse poi, per mutar discorso.
         - Poco bene, buona donna, poco bene. Le son tutte qui -. E, cos? dicendo, si lev? la bisaccia d'addosso, e la fece saltar tra le due mani. - Son tutte qui; e, per mettere insieme questa bella abbondanza, ho dovuto picchiare a dieci porte.
         - Ma! le annate vanno scarse, fra Galdino; e, quando s'ha a misurar il pane, non si pu? allargar la mano nel resto.
         - E per far tornare il buon tempo, che rimedio c'?, la mia donna? L'elemosina. Sapete di quel miracolo delle noci, che avvenne, molt'anni sono, in quel nostro convento di Romagna?
         - No, in verit?; raccontatemelo un poco.
         - Oh! dovete dunque sapere che, in quel convento, c'era un nostro padre, il quale era un santo, e si chiamava il padre Macario. Un giorno d'inverno, passando per una viottola, in un campo d'un nostro benefattore, uomo dabbene anche lui, il padre Macario vide questo benefattore vicino a un suo gran noce; e quattro contadini, con le zappe in aria, che principiavano a scalzar la pianta, per metterle le radici al sole. ?Che fate voi a quella povera pianta?? domand? il padre Macario. ?Eh! padre, son anni e anni che la non mi vuol far noci; e io ne faccio legna?. ?Lasciatela stare, disse il padre: sappiate che, quest'anno, la far? pi? noci che foglie?. Il benefattore, che sapeva chi era colui che aveva detta quella parola, ordin? subito ai lavoratori, che gettasser di nuovo la terra sulle radici; e, chiamato il padre, che continuava la sua strada, ?padre Macario, gli disse, la met? della raccolta sar? per il convento?. Si sparse la voce della predizione; e tutti correvano a guardare il noce. In fatti, a primavera, fiori a bizzeffe, e, a suo tempo, noci a bizzeffe. Il buon benefattore non ebbe la consolazione di bacchiarle; perch? and?, prima della raccolta, a ricevere il premio della sua carit?. Ma il miracolo fu tanto pi? grande, come sentirete. Quel brav'uomo aveva lasciato un figliuolo di stampa ben diversa. Or dunque, alla raccolta, il cercatore and? per riscotere la met? ch'era dovuta al convento; ma colui se ne fece nuovo affatto, ed ebbe la temerit? di rispondere che non aveva mai sentito dire che i cappuccini sapessero far noci. Sapete ora cosa avvenne? Un giorno, (sentite questa) lo scapestrato aveva invitato alcuni suoi amici dello stesso pelo, e, gozzovigliando, raccontava la storia del noce, e rideva de' frati. Que' giovinastri ebber voglia d'andar a vedere quello sterminato mucchio di noci; e lui li mena su in granaio. Ma sentite: apre l'uscio, va verso il cantuccio dov'era stato riposto il gran mucchio, e mentre dice: guardate, guarda egli stesso e vede... che cosa? Un bel mucchio di foglie secche di noce. Fu un esempio questo? E il convento, in vece di scapitare, ci guadagn?; perch?, dopo un cos? gran fatto, la cerca delle noci rendeva tanto, tanto, che un benefattore, mosso a compassione del povero cercatore, fece al convento la carit? d'un asino, che aiutasse a portar le noci a casa. E si faceva tant'olio, che ogni povero veniva a prenderne, secondo il suo bisogno; perch? noi siam come il mare, che riceve acqua da tutte le parti, e la torna a distribuire a tutti i fiumi.
         Qui ricomparve Lucia, col grembiule cos? carico di noci, che lo reggeva a fatica, tenendone le due cocche in alto, con le braccia tese e allungate. Mentre fra Galdino, levatasi di nuovo la bisaccia, la metteva gi?, e ne scioglieva la bocca, per introdurvi l'abbondante elemosina, la madre fece un volto attonito e severo a Lucia, per la sua prodigalit?; ma Lucia le diede un'occhiata, che voleva dire: mi giustificher?. Fra Galdino proruppe in elogi, in aug?ri, in promesse, in ringraziamenti, e, rimessa la bisaccia al posto, s'avviava. Ma Lucia, richiamatolo, disse: - vorrei un servizio da voi; vorrei che diceste al padre Cristoforo, che ho gran premura di parlargli, e che mi faccia la carit? di venir da noi poverette, subito subito; perch? non possiamo andar noi alla chiesa.
         - Non volete altro? Non passer? un'ora che il padre Cristoforo sapr? il vostro desiderio.
         - Mi fido.
         - Non dubitate -. E cos? detto, se and?, un po' pi? curvo e pi? contento, di quel che fosse venuto.
         Al vedere che una povera ragazza mandava a chiamare, con tanta confidenza, il padre Cristoforo, e che il cercatore accettava la commissione, senza maraviglia e senza difficolt?, nessun si pensi che quel Cristoforo fosse un frate di dozzina, una cosa da strapazzo. Era anzi uomo di molta autorit?, presso i suoi, e in tutto il contorno; ma tale era la condizione de' cappuccini, che nulla pareva per loro troppo basso, n? troppo elevato. Servir gl'infimi, ed esser servito da' potenti, entrar ne' palazzi e ne' tuguri, con lo stesso contegno d'umilt? e di sicurezza, esser talvolta, nella stessa casa, un soggetto di passatempo, e un personaggio senza il quale non si decideva nulla, chieder l'elemosina per tutto, e farla a tutti quelli che la chiedevano al convento, a tutto era avvezzo un cappuccino. Andando per la strada, poteva ugualmente abbattersi in un principe che gli baciasse riverentemente la punta del cordone, o in una brigata di ragazzacci che, fingendo d'esser alle mani tra loro, gl'inzaccherassero la barba di fango. La parola ?frate? veniva, in que' tempi, proferita col pi? gran rispetto, e col pi? amaro disprezzo: e i cappuccini, forse pi? d'ogni altr'ordine, eran oggetto de' due opposti sentimenti, e provavano le due opposte fortune; perch?, non possedendo nulla, portando un abito pi? stranamente diverso dal comune, facendo pi? aperta professione d'umilt?, s'esponevan pi? da vicino alla venerazione e al vilipendio che queste cose possono attirare da' diversi umori, e dal diverso pensare degli uomini.
         Partito fra Galdino, - tutte quelle noci! - esclam? Agnese: - in quest'anno!
         - Mamma, perdonatemi, - rispose Lucia; - ma, se avessimo fatta un'elemosina come gli altri, fra Galdino avrebbe dovuto girare ancora, Dio sa quanto, prima d'aver la bisaccia piena; Dio sa quando sarebbe tornato al convento; e, con le ciarle che avrebbe fatte e sentite, Dio sa se gli sarebbe rimasto in mente...
         - Hai pensato bene; e poi ? tutta carit? che porta sempre buon frutto, - disse Agnese, la quale, co' suoi difettucci, era una gran buona donna, e si sarebbe, come si dice, buttata nel fuoco per quell'unica figlia, in cui aveva riposta tutta la sua compiacenza.
         In questa, arriv? Renzo, ed entrando con un volto dispettoso insieme e mortificato, gett? i capponi sur una tavola; e fu questa l'ultima trista vicenda delle povere bestie, per quel giorno.
         - Bel parere che m'avete dato! - disse ad Agnese. - M'avete mandato da un buon galantuomo, da uno che aiuta veramente i poverelli! - E raccont? il suo abboccamento col dottore. La donna, stupefatta di cos? trista riuscita, voleva mettersi a dimostrare che il parere per? era buono, e che Renzo non doveva aver saputo far la cosa come andava fatta; ma Lucia interruppe quella questione, annunziando che sperava d'aver trovato un aiuto migliore. Renzo accolse anche questa speranza, come accade a quelli che sono nella sventura e nell'impiccio. - Ma, se il padre, - disse, - non ci trova un ripiego, lo trover? io, in un modo o nell'altro.
         Le donne consigliaron la pace, la pazienza, la prudenza. - Domani, - disse Lucia, - il padre Cristoforo verr? sicuramente; e vedrete che trover? qualche rimedio, di quelli che noi poveretti non sappiam nemmeno immaginare.
         - Lo spero; - disse Renzo, - ma, in ogni caso, sapr? farmi ragione, o farmela fare. A questo mondo c'? giustizia finalmente.
         Co' dolorosi discorsi, e con le andate e venute che si son riferite, quel giorno era passato; e cominciava a imbrunire.
         - Buona notte, - disse tristamente Lucia a Renzo, il quale non sapeva risolversi d'andarsene.
         - Buona notte, - rispose Renzo, ancor pi? tristamente.
         - Qualche santo ci aiuter?, - replic? Lucia: - usate prudenza, e rassegnatevi.
         La madre aggiunse altri consigli dello stesso genere; e lo sposo se n'and?, col cuore in tempesta, ripetendo sempre quelle strane parole: - a questo mondo c'? giustizia, finalmente! - Tant'? vero che un uomo sopraffatto dal dolore non sa pi? quel che si dica.

Capitolo IV

         Il sole non era ancor tutto apparso sull'orizzonte, quando il padre Cristoforo usc? dal suo convento di Pescarenico, per salire alla casetta dov'era aspettato. E' Pescarenico una terricciola, sulla riva sinistra dell'Adda, o vogliam dire del lago, poco discosto dal ponte: un gruppetto di case, abitate la pi? parte da pescatori, e addobbate qua e l? di tramagli e di reti tese ad asciugare. Il convento era situato (e la fabbrica ne sussiste tuttavia) al di fuori, e in faccia all'entrata della terra, con di mezzo la strada che da Lecco conduce a Bergamo. Il cielo era tutto sereno : di mano in mano che il sole s'alzava dietro il monte, si vedeva la sua luce, dalle sommit? de' monti opposti, scendere, come spiegandosi rapidamente, gi? per i pend?i, e nella valle. Un venticello d'autunno, staccando da' rami le foglie appassite del gelso, le portava a cadere, qualche passo distante dall'albero. A destra e a sinistra, nelle vigne, sui tralci ancor tesi, brillavan le foglie rosseggianti a varie tinte; e la terra lavorata di fresco, spiccava bruna e distinta ne' campi di stoppie biancastre e luccicanti dalla guazza. La scena era lieta; ma ogni figura d'uomo che vi apparisse, rattristava lo sguardo e il pensiero. Ogni tanto, s'incontravano mendichi laceri e macilenti, o invecchiati nel mestiere, o spinti allora dalla necessit? a tender la mano. Passavano zitti accanto al padre Cristoforo, lo guardavano pietosamente, e, bench? non avesser nulla a sperar da lui, giacch? un cappuccino non toccava mai moneta, gli facevano un inchino di ringraziamento, per l'elemosina che avevan ricevuta, o che andavano a cercare al convento. Lo spettacolo de' lavoratori sparsi ne' campi, aveva qualcosa d'ancor pi? doloroso. Alcuni andavan gettando le lor semente, rade, con risparmio, e a malincuore, come chi arrischia cosa che troppo gli preme; altri spingevan la vanga come a stento, e rovesciavano svogliatamente la zolla. La fanciulla scarna, tenendo per la corda al pascolo la vaccherella magra stecchita, guardava innanzi, e si chinava in fretta, a rubarle, per cibo della famiglia, qualche erba, di cui la fame aveva insegnato che anche gli uomini potevan vivere. Questi spettacoli accrescevano, a ogni passo, la mestizia del frate, il quale camminava gi? col tristo presentimento in cuore, d'andar a sentire qualche sciagura.
         ?Ma perch? si prendeva tanto pensiero di Lucia? E perch?, al primo avviso, s'era mosso con tanta sollecitudine, come a una chiamata del padre provinciale? E chi era questo padre Cristoforo?? Bisogna soddisfare a tutte queste domande.
         Il padre Cristoforo da *** era un uomo pi? vicino ai sessanta che ai cinquant'anni. Il suo capo raso, salvo la piccola corona di capelli, che vi girava intorno, secondo il rito cappuccinesco, s'alzava di tempo in tempo, con un movimento che lasciava trasparire un non so che d'altero e d'inquieto; e subito s'abbassava, per riflessione d'umilt?. La barba bianca e lunga, che gli copriva le guance e il mento, faceva ancor pi? risaltare le forme rilevate della parte superiore del volto, alle quali un'astinenza, gi? da gran pezzo abituale, aveva assai pi? aggiunto di gravit? che tolto d'espressione. Due occhi incavati eran per lo pi? chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacit? repentina; come due cavalli bizzarri, condotti a mano da un cocchiere, col quale sanno, per esperienza, che non si pu? vincerla, pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che scontan subito, con una buona tirata di morso.
         Il padre Cristoforo non era sempre stato cos?, n? sempre era stato Cristoforo: il suo nome di battesimo era Lodovico. Era figliuolo d'un mercante di *** (questi asterischi vengon tutti dalla circospezione del mio anonimo) che, ne' suoi ultim'anni, trovandosi assai fornito di beni, e con quell'unico figliuolo, aveva rinunziato al traffico, e s'era dato a viver da signore.
         Nel suo nuovo ozio, cominci? a entrargli in corpo una gran vergogna di tutto quel tempo che aveva speso a far qualcosa in questo mondo. Predominato da una tal fantasia, studiava tutte le maniere di far dimenticare ch'era stato mercante: avrebbe voluto poterlo dimenticare anche lui. Ma il fondaco, le balle, il libro, il braccio, gli comparivan sempre nella memoria, come l'ombra di Banco a Macbeth, anche tra la pompa delle mense, e il sorriso de' parassiti. E non si potrebbe dire la cura che dovevano aver que' poveretti, per schivare ogni parola che potesse parere allusiva all'antica condizione del convitante. Un giorno, per raccontarne una, un giorno, sul finir della tavola, ne' momenti della pi? viva e schietta allegria, che non si sarebbe potuto dire chi pi? godesse, o la brigata di sparecchiare, o il padrone d'aver apparecchiato, andava stuzzicando, con superiorit? amichevole, uno di que' commensali, il pi? onesto mangiatore del mondo. Questo, per corrispondere alla celia, senza la minima ombra di malizia, proprio col candore d'un bambino, rispose: - eh! io fo l'orecchio del mercante -. Egli stesso fu subito colpito dal suono della parola che gli era uscita di bocca: guard?, con faccia incerta, alla faccia del padrone, che s'era rannuvolata: l'uno e l'altro avrebber voluto riprender quella di prima; ma non era possibile. Gli altri convitati pensavano, ognun da s?, al modo di sopire il piccolo scandolo, e di fare una diversione; ma, pensando, tacevano, e, in quel silenzio, lo scandolo era pi? manifesto. Ognuno scansava d'incontrar gli occhi degli altri; ognuno sentiva che tutti eran occupati del pensiero che tutti volevan dissimulare. La gioia, per quel giorno, se n'and?; e l'imprudente o, per parlar con pi? giustizia, lo sfortunato, non ricevette pi? invito. Cos? il padre di Lodovico pass? gli ultimi suoi anni in angustie continue, temendo sempre d'essere schernito, e non riflettendo mai che il vendere non ? cosa pi? ridicola che il comprare, e che quella professione di cui allora si vergognava, l'aveva pure esercitata per tant'anni, in presenza del pubblico, e senza rimorso. Fece educare il figlio nobilmente, secondo la condizione de' tempi, e per quanto gli era concesso dalle leggi e dalle consuetudini; gli diede maestri di lettere e d'esercizi cavallereschi; e mor?, lasciandolo ricco e giovinetto.
         Lodovico aveva contratte abitudini signorili; e gli adulatori, tra i quali era cresciuto, l'avevano avvezzato ad esser trattato con molto rispetto. Ma, quando volle mischiarsi coi principali della sua citt?, trov? un fare ben diverso da quello a cui era accostumato; e vide che, a voler esser della lor compagnia, come avrebbe desiderato, gli conveniva fare una nuova scuola di pazienza e di sommissione, star sempre al di sotto, e ingozzarne una, ogni momento. Una tal maniera di vivere non s'accordava, n? con l'educazione, n? con la natura di Lodovico. S'allontan? da essi indispettito. Ma poi ne stava lontano con rammarico; perch? gli pareva che questi veramente avrebber dovuto essere i suoi compagni; soltanto gli avrebbe voluti pi? trattabili. Con questo misto d'inclinazione e di rancore, non potendo frequentarli famigliarmente, e volendo pure aver che far con loro in qualche modo, s'era dato a competer con loro di sfoggi e di magnificenza, comprandosi cos? a contanti inimicizie, invidie e ridicolo. La sua indole, onesta insieme e violenta, l'aveva poi imbarcato per tempo in altre gare pi? serie. Sentiva un orrore spontaneo e sincero per l'angherie e per i soprusi: orrore reso ancor pi? vivo in lui dalla qualit? delle persone che pi? ne commettevano alla giornata; ch'erano appunto coloro coi quali aveva pi? di quella ruggine. Per acquietare, o per esercitare tutte queste passioni in una volta, prendeva volentieri le parti d'un debole sopraffatto, si piccava di farci stare un soverchiatore, s'intrometteva in una briga, se ne tirava addosso un'altra; tanto che, a poco a poco, venne a costituirsi come un protettor degli oppressi, e un vendicatore de' torti. L'impiego era gravoso; e non ? da domandare se il povero Lodovico avesse nemici, impegni e pensieri. Oltre la guerra esterna, era poi tribolato continuamente da contrasti interni; perch?, a spuntarla in un impegno (senza parlare di quelli in cui restava al di sotto), doveva anche lui adoperar raggiri e violenze, che la sua coscienza non poteva poi approvare. Doveva tenersi intorno un buon numero di bravacci; e, cos? per la sua sicurezza, come per averne un aiuto pi? vigoroso, doveva scegliere i pi? arrischiati, cio? i pi? ribaldi; e vivere co' birboni, per amor della giustizia. Tanto che, pi? d'una volta, o scoraggito, dopo una trista riuscita, o inquieto per un pericolo imminente, annoiato del continuo guardarsi, stomacato della sua compagnia, in pensiero dell'avvenire, per le sue sostanze che se n'andavan, di giorno in giorno, in opere buone e in braverie, pi? d'una volta gli era saltata la fantasia di farsi frate; che, a que' tempi, era il ripiego pi? comune, per uscir d'impicci. Ma questa, che sarebbe forse stata una fantasia per tutta la sua vita, divenne una risoluzione, a causa d'un accidente, il pi? serio che gli fosse ancor capitato.
         Andava un giorno per una strada della sua citt?, seguito da due bravi, e accompagnato da un tal Cristoforo, altre volte giovine di bottega e, dopo chiusa questa, diventato maestro di casa. Era un uomo di circa cinquant'anni, affezionato, dalla giovent?, a Lodovico, che aveva veduto nascere, e che, tra salario e regali, gli dava non solo da vivere, ma di che mantenere e tirar su una numerosa famiglia. Vide Lodovico spuntar da lontano un signor tale , arrogante e soverchiatore di professione, col quale non aveva mai parlato in vita sua, ma che gli era cordiale nemico, e al quale rendeva, pur di cuore, il contraccambio: giacch? ? uno de' vantaggi di questo mondo, quello di poter odiare ed esser odiati, senza conoscersi. Costui, seguito da quattro bravi, s'avanzava diritto, con passo superbo, con la testa alta, con la bocca composta all'alterigia e allo sprezzo. Tutt'e due camminavan rasente al muro; ma Lodovico (notate bene) lo strisciava col lato destro; e ci?, secondo una consuetudine, gli dava il diritto (dove mai si va a ficcare il diritto!) di non istaccarsi dal detto muro, per dar passo a chi si fosse; cosa della quale allora si faceva gran caso. L'altro pretendeva, all'opposto, che quel diritto competesse a lui, come a nobile, e che a Lodovico toccasse d'andar nel mezzo; e ci? in forza d'un'altra consuetudine. Perocch?, in questo, come accade in molti altri affari, erano in vigore due consuetudini contrarie, senza che fosse deciso qual delle due fosse la buona; il che dava opportunit? di fare una guerra, ogni volta che una testa dura s'abbattesse in un'altra della stessa tempra. Que' due si venivano incontro, ristretti alla muraglia, come due figure di basso rilievo ambulanti. Quando si trovarono a viso a viso, il signor tale, squadrando Lodovico, a capo alto, col cipiglio imperioso, gli disse, in un tono corrispondente di voce: - fate luogo.
         - Fate luogo voi, - rispose Lodovico. - La diritta ? mia.
         - Co' vostri pari, ? sempre mia.
         - S?, se l'arroganza de' vostri pari fosse legge per i pari miei. I bravi dell'uno e dell'altro eran rimasti fermi, ciascuno dietro il suo padrone, guardandosi in cagnesco, con le mani alle daghe, preparati alla battaglia. La gente che arrivava di qua e di l?, si teneva in distanza, a osservare il fatto; e la presenza di quegli spettatori animava sempre pi? il puntiglio de' contendenti.
         - Nel mezzo, vile meccanico; o ch'io t'insegno una volta come si tratta co' gentiluomini.
         - Voi mentite ch'io sia vile.
         - Tu menti ch'io abbia mentito -. Questa risposta era di prammatica. - E, se tu fossi cavaliere, come son io, - aggiunse quel signore, - ti vorrei far vedere, con la spada e con la cappa, che il mentitore sei tu.
         - E un buon pretesto per dispensarvi di sostener co' fatti l'insolenza delle vostre parole.
         - Gettate nel fango questo ribaldo, - disse il gentiluomo, voltandosi a' suoi.
         - Vediamo! - disse Lodovico, dando subitamente un passo indietro, e mettendo mano alla spada.
         - Temerario! - grid? l'altro, sfoderando la sua: - io spezzer? questa, quando sar? macchiata del tuo vil sangue.
         Cos? s'avventarono l'uno all'altro; i servitori delle due parti si slanciarono alla difesa de' loro padroni. Il combattimento era disuguale, e per il numero, e anche perch? Lodovico mirava pi?ttosto a scansare i colpi, e a disarmare il nemico, che ad ucciderlo; ma questo voleva la morte di lui, a ogni costo. Lodovico aveva gi? ricevuta al braccio sinistro una pugnalata d'un bravo, e una sgraffiatura leggiera in una guancia, e il nemico principale gli piombava addosso per finirlo; quando Cristoforo, vedendo il suo padrone nell'estremo pericolo, and? col pugnale addosso al signore. Questo, rivolta tutta la sua ira contro di lui, lo pass? con la spada. A quella vista, Lodovico, come fuor di s?, cacci? la sua nel ventre del feritore, il quale cadde moribondo, quasi a un punto col povero Cristoforo. I bravi del gentiluomo, visto ch'era finita, si diedero alla fuga, malconci: quelli di Lodovico, tartassati e sfregiati anche loro, non essendovi pi? a chi dare, e non volendo trovarsi impicciati nella gente, che gi? accorreva, scantonarono dall'altra parte: e Lodovico si trov? solo, con que' due funesti compagni ai piedi, in mezzo a una folla.
         - Com'? andata? - E' uno. - Son due. - Gli ha fatto un occhiello nel ventre. - Chi ? stato ammazzato? - Quel prepotente. - Oh santa Maria, che sconquasso! - Chi cerca trova. - Una le paga tutte. - Ha finito anche lui. - Che colpo! - Vuol essere una faccenda seria. - E quell'altro disgraziato! - Misericordia! che spettacolo! - Salvatelo, salvatelo. - Sta fresco anche lui. - Vedete com'? concio! butta sangue da tutte le parti. - Scappi, scappi. Non si lasci prendere.
         Queste parole, che pi? di tutte si facevan sentire nel frastono confuso di quella folla, esprimevano il voto comune; e, col consiglio, venne anche l'aiuto. Il fatto era accaduto vicino a una chiesa di cappuccini, asilo, come ognun sa, impenetrabile allora a' birri, e a tutto quel complesso di cose e di persone, che si chiamava la giustizia. L'uccisore ferito fu quivi condotto o portato dalla folla, quasi fuor di sentimento; e i frati lo ricevettero dalle mani del popolo, che glielo raccomandava, dicendo: - ? un uomo dabbene che ha freddato un birbone superbo: l'ha fatto per sua difesa: c'? stato tirato per i capelli.
         Lodovico non aveva mai , prima d'allora, sparso sangue; e, bench? l'omicidio fosse, a que' tempi, cosa tanto comune, che gli orecchi d'ognuno erano avvezzi a sentirlo raccontare, e gli occhi a vederlo, pure l'impressione ch'egli ricevette dal veder l'uomo morto per lui, e l'uomo morto da lui, fu nuova e indicibile; fu una rivelazione di sentimenti ancora sconosciuti. Il cadere del suo nemico, l'alterazione di quel volto, che passava, in un momento, dalla minaccia e dal furore, all'abbattimento e alla quiete solenne della morte, fu una vista che cambi?, in un punto, l'animo dell'uccisore. Strascinato al convento, non sapeva quasi dove si fosse, n? cosa si facesse; e, quando fu tornato in s?, si trov? in un letto dell'infermeria, nelle mani del frate chirurgo (i cappuccini ne avevano ordinariamente uno in ogni convento), che accomodava faldelle e fasce sulle due ferite ch'egli aveva ricevute nello scontro. Un padre, il cui impiego particolare era d'assistere i moribondi, e che aveva spesso avuto a render questo servizio sulla strada, fu chiamato subito al luogo del combattimento. Tornato, pochi minuti dopo, entr? nell'infermeria, e, avvicinatosi al letto dove Lodovico giaceva, - consolatevi - gli disse: - almeno ? morto bene, e m'ha incaricato di chiedere il vostro perdono, e di portarvi il suo -. Questa parola fece rinvenire affatto il povero Lodovico, e gli risvegli? pi? vivamente e pi? distintamente i sentimenti ch'eran confusi e affollati nel suo animo: dolore dell'amico, sgomento e rimorso del colpo che gli era uscito di mano, e, nello stesso tempo, un'angosciosa compassione dell'uomo che aveva ucciso. - E l'altro? - domand? ansiosamente al frate.
         - L'altro era spirato, quand'io arrivai. Frattanto, gli accessi e i contorni del convento formicolavan di popolo curioso: ma, giunta la sbirraglia, fece smaltir la folla, e si post? a una certa distanza dalla porta, in modo per? che nessuno potesse uscirne inosservato. Un fratello del morto, due suoi cugini e un vecchio zio, vennero pure, armati da capo a piedi, con grande accompagnamento di bravi; e si misero a far la ronda intorno, guardando, con aria e con atti di dispetto minaccioso, que' curiosi, che non osavan dire: gli sta bene; ma l'avevano scritto in viso.
         Appena Lodovico ebbe potuto raccogliere i suoi pensieri, chiamato un frate confessore, lo preg? che cercasse della vedova di Cristoforo, le chiedesse in suo nome perdono d'essere stato lui la cagione, quantunque ben certo involontaria, di quella desolazione, e, nello stesso tempo, l'assicurasse ch'egli prendeva la famiglia sopra di s?. Riflettendo quindi a' casi suoi, sent? rinascere pi? che mai vivo e serio quel pensiero di farsi frate, che altre volte gli era passato per la mente: gli parve che Dio medesimo l'avesse messo sulla strada, e datogli un segno del suo volere, facendolo capitare in un convento, in quella congiuntura; e il partito fu preso. Fece chiamare il guardiano, e gli manifest? il suo desiderio. N'ebbe in risposta, che bisognava guardarsi dalle risoluzioni precipitate; ma che, se persisteva, non sarebbe rifiutato. Allora, fatto venire un notaro, dett? una donazione di tutto ci? che gli rimaneva (ch'era tuttavia un bel patrimonio) alla famiglia di Cristoforo: una somma alla vedova, come se le costituisse una contraddote, e il resto a otto figliuoli che Cristoforo aveva lasciati.
         La risoluzione di Lodovico veniva molto a proposito per i suoi ospiti, i quali, per cagion sua, erano in un bell'intrigo. Rimandarlo dal convento, ed esporlo cos? alla giustizia, cio? alla vendetta de' suoi nemici, non era partito da metter neppure in consulta. Sarebbe stato lo stesso che rinunziare a' propri privilegi, screditare il convento presso il popolo, attirarsi il biasimo di tutti i cappuccini dell'universo, per aver lasciato violare il diritto di tutti, concitarsi contro tutte l'autorit? ecclesiastiche, le quali si consideravan come tutrici di questo diritto. Dall'altra parte, la famiglia dell'ucciso, potente assai, e per s?, e per le sue aderenze, s'era messa al punto di voler vendetta; e dichiarava suo nemico chiunque s'attentasse di mettervi ostacolo. La storia non dice che a loro dolesse molto dell'ucciso, e nemmeno che una lagrima fosse stata sparsa per lui, in tutto il parentado: dice soltanto ch'eran tutti smaniosi d'aver nell'unghie l'uccisore, o vivo o morto. Ora questo, vestendo l'abito di cappuccino, accomodava ogni cosa. Faceva, in certa maniera, un'emenda, s'imponeva una penitenza, si chiamava implicitamente in colpa, si ritirava da ogni gara; era in somma un nemico che depon l'armi. I parenti del morto potevan poi anche, se loro piacesse, credere e vantarsi che s'era fatto frate per disperazione, e per terrore del loro sdegno. E, ad ogni modo, ridurre un uomo a spropriarsi del suo, a tosarsi la testa, a camminare a piedi nudi, a dormir sur un saccone, a viver d'elemosina, poteva parere una punizione competente, anche all'offeso il pi? borioso.
         Il padre guardiano si present?, con un'umilt? disinvolta, al fratello del morto, e, dopo mille proteste di rispetto per l'illustrissima casa, e di desiderio di compiacere ad essa in tutto ci? che fosse fattibile, parl? del pentimento di Lodovico, e della sua risoluzione, facendo garbatamente sentire che la casa poteva esserne contenta, e insinuando poi soavemente, e con maniera ancor pi? destra, che, piacesse o non piacesse, la cosa doveva essere. Il fratello diede in ismanie, che il cappuccino lasci? svaporare, dicendo di tempo in tempo: - ? un troppo giusto dolore -. Fece intendere che, in ogni caso, la sua famiglia avrebbe saputo prendersi una soddisfazione: e il cappuccino, qualunque cosa ne pensasse, non disse di no. Finalmente richiese, impose come una condizione, che l'uccisor di suo fratello partirebbe subito da quella citt?. Il guardiano, che aveva gi? deliberato che questo fosse fatto, disse che si farebbe, lasciando che l'altro credesse, se gli piaceva, esser questo un atto d'ubbidienza: e tutto fu concluso. Contenta la famiglia, che ne usciva con onore; contenti i frati, che salvavano un uomo e i loro privilegi, senza farsi alcun nemico; contenti i dilettanti di cavalleria, che vedevano un affare terminarsi lodevolmente; contento il popolo, che vedeva fuor d'impiccio un uomo ben voluto, e che, nello stesso tempo, ammirava una conversione; contento finalmente, e pi? di tutti, in mezzo al dolore, il nostro Lodovico, il quale cominciava una vita d'espiazione e di servizio, che potesse, se non riparare, pagare almeno il mal fatto, e rintuzzare il pungolo intollerabile del rimorso. Il sospetto che la sua risoluzione fosse attribuita alla paura, l'afflisse un momento; ma si consol? subito, col pensiero che anche quell'ingiusto giudizio sarebbe un gastigo per lui, e un mezzo d'espiazione. Cos?, a trent'anni, si ravvolse nel sacco; e, dovendo, secondo l'uso, lasciare il suo nome, e prenderne un altro, ne scelse uno che gli rammentasse, ogni momento, ci? che aveva da espiare: e si chiam? fra Cristoforo.
         Appena compita la cerimonia della vestizione, il guardiano gl'intim? che sarebbe andato a fare il suo noviziato a ***, sessanta miglia lontano, e che partirebbe all'indomani. Il novizio s'inchin? profondamente, e chiese una grazia. - Permettetemi, padre, - disse, - che, prima di partir da questa citt?, dove ho sparso il sangue d'un uomo, dove lascio una famiglia crudelmente offesa, io la ristori almeno dell'affronto, ch'io mostri almeno il mio rammarico di non poter risarcire il danno, col chiedere scusa al fratello dell'ucciso, e gli levi, se Dio benedice la mia intenzione, il rancore dall'animo -. Al guardiano parve che un tal passo, oltre all'esser buono in s?, servirebbe a riconciliar sempre pi? la famiglia col convento; e and? diviato da quel signor fratello, ad esporgli la domanda di fra Cristoforo. A proposta cos? inaspettata, colui sent?, insieme con la maraviglia, un ribollimento di sdegno, non per? senza qualche compiacenza. Dopo aver pensato un momento, - venga domani, - disse; e assegn? l'ora. Il guardiano torn?, a portare al novizio il consenso desiderato.
         Il gentiluomo pens? subito che, quanto pi? quella soddisfazione fosse solenne e clamorosa, tanto pi? accrescerebbe il suo credito presso tutta la parentela, e presso il pubblico; e sarebbe (per dirla con un'eleganza moderna) una bella pagina nella storia della famiglia. Fece avvertire in fretta tutti i parenti che, all'indomani, a mezzogiorno, restassero serviti (cos? si diceva allora) di venir da lui, a ricevere una soddisfazione comune. A mezzogiorno, il palazzo brulicava di signori d'ogni et? e d'ogni sesso: era un girare, un rimescolarsi di gran cappe, d'alte penne, di durlindane pendenti, un moversi librato di gorgiere inamidate e crespe, uno strascico intralciato di rabescate zimarre. Le anticamere, il cortile e la strada formicolavan di servitori, di paggi, di bravi e di curiosi. Fra Cristoforo vide quell'apparecchio, ne indovin? il motivo, e prov? un leggier turbamento; ma, dopo un istante, disse tra s?: ?sta bene: l'ho ucciso in pubblico, alla presenza di tanti suoi nemici: quello fu scandalo, questa ? riparazione?. Cos?, con gli occhi bassi, col padre compagno al fianco, pass? la porta di quella casa, attraversa il cortile, tra una folla che lo squadrava con una curiosit? poco cerimoniosa; sal? le scale, e, di mezzo all'altra folla signorile, che fece ala al suo passaggio, seguito da cento sguardi, giunse alla presenza del padron di casa; il quale, circondato da' parenti pi? prossimi, stava ritto nel mezzo della sala, con lo sguardo a terra, e il mento in aria, impugnando, con la mano sinistra, il pomo della spada, e stringendo con la destra il bavero della cappa sul petto.
         C'? talvolta, nel volto e nel contegno d'un uomo, un'espressione cos? immediata, si direbbe quasi un'effusione dell'animo interno, che, in una folla di spettatori, il giudizio sopra quell'animo sar? un solo. Il volto e il contegno di fra Cristoforo disser chiaro agli astanti, che non s'era fatto frate, n? veniva a quell'umiliazione per timore umano: e questo cominci? a concigliarglieli tutti. Quando vide l'offeso, affrett? il passo, gli si pose inginocchioni ai piedi, incroci? le mani sul petto, e, chinando la testa rasa, disse queste parole: - io sono l'omicida di suo fratello. Sa Iddio se vorrei restituirglielo a costo del mio sangue; ma, non potendo altro che farle inefficaci e tarde scuse, la supplico d'accettarle per l'amor di Dio -. Tutti gli occhi erano immobili sul novizio, e sul personaggio a cui egli parlava; tutti gli orecchi eran tesi. Quando fra Cristoforo tacque, s'alz?, per tutta la sala, un mormor?o di piet? e di rispetto. Il gentiluomo, che stava in atto di degnazione forzata, e d'ira compressa, fu turbato da quelle parole; e, chinandosi verso l'inginocchiato, - alzatevi, - disse, con voce alterata: - l'offesa... il fatto veramente... ma l'abito che portate... non solo questo, ma anche per voi... S'alzi, padre... Mio fratello... non lo posso negare... era un cavaliere... era un uomo... un po' impetuoso... un po' vivo. Ma tutto accade per disposizion di Dio. Non se ne parli pi?... Ma, padre, lei non deve stare in codesta positura -. E, presolo per le braccia, lo sollev?. Fra Cristoforo, in piedi, ma col capo chino, rispose: - io posso dunque sperare che lei m'abbia concesso il suo perdono! E se l'ottengo da lei, da chi non devo sperarlo? Oh! s'io potessi sentire dalla sua bocca questa parola, perdono!
         - Perdono? - disse il gentiluomo. - Lei non ne ha pi? bisogno. Ma pure, poich? lo desidera, certo, certo, io le perdono di cuore, e tutti...
         - Tutti! tutti! - gridarono, a una voce, gli astanti. Il volto del frate s'apr? a una gioia riconoscente, sotto la quale traspariva per? ancora un'umile e profonda compunzione del male a cui la remissione degli uomini non poteva riparare. Il gentiluomo, vinto da quell'aspetto, e trasportato dalla commozione generale, gli gett? le braccia al collo, e gli diede e ne ricevette il bacio di pace. Un - bravo! bene! - scoppi? da tutte le parti della sala; tutti si mossero, e si strinsero intorno al frate. Intanto vennero servitori, con gran copia di rinfreschi. Il gentiluomo si raccost? al nostro Cristoforo, il quale faceva segno di volersi licenziare, e gli disse: - padre, gradisca qualche cosa; mi dia questa prova d'amicizia -. E si mise per servirlo prima d'ogni altro; ma egli, ritirandosi, con una certa resistenza cordiale, - queste cose, - disse, - non fanno pi? per me; ma non sar? mai ch'io rifiuti i suoi doni. Io sto per mettermi in viaggio: si degni di farmi portare un pane, perch? io possa dire d'aver goduto la sua carit?, d'aver mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo perdono -. Il gentiluomo, commosso, ordin? che cos? si facesse; e venne subito un cameriere, in gran gala, portando un pane sur un piatto d'argento, e lo present? al padre; il quale, presolo e ringraziato, lo mise nella sporta. Chiese quindi licenza; e, abbracciato di nuovo il padron di casa, e tutti quelli che, trovandosi pi? vicini a lui, poterono impadronirsene un momento, si liber? da essi a fatica; ebbe a combatter nell'anticamere, per isbrigarsi da' servitori, e anche da' bravi, che gli baciavano il lembo dell'abito, il cordone, il cappuccio; e si trov? nella strada, portato come in trionfo, e accompagnato da una folla di popolo, fino a una porta della citt?; d'onde usc?, cominciando il suo pedestre viaggio, verso il luogo del suo noviziato.
         Il fratello dell'ucciso, e il parentado, che s'erano aspettati d'assaporare in quel giorno la trista gioia dell'orgoglio, si trovarono in vece ripieni della gioia serena del perdono e della benevolenza. La compagnia Si trattenne ancor qualche tempo, con una bonariet? e con una cordialit? insolita, in ragionamenti ai quali nessuno era preparato, andando l?. In vece di soddisfazioni prese, di soprusi vendicati, d'impegni spuntati, le lodi del novizio, la riconciliazione, la mansuetudine furono i temi della conversazione. E taluno, che, per la cinquantesima volta, avrebbe raccontato come il conte Muzio suo padre aveva saputo, in quella famosa congiuntura, far stare a dovere il marchese Stanislao, ch'era quel rodomonte che ognun sa, parl? in vece delle penitenze e della pazienza mirabile d'un fra Simone, morto molt'anni prima. Partita la compagnia, il padrone, ancor tutto commosso, riandava tra s?, con maraviglia, ci? che aveva in teso, ci? ch'egli medesimo aveva detto; e borbottava tra i denti: - diavolo d'un frate! - (bisogna bene che noi trascriviamo le sue precise parole) - diavolo d'un frate! se rimaneva l? in ginocchio, ancora per qualche momento, quasi quasi gli chiedevo scusa io, che m'abbia ammazzato il fratello -. La nostra storia nota espressamente che, da quel giorno in poi, quel signore fu un po' men precipitoso, e un po' pi? alla mano.
         Il padre Cristoforo camminava, con una consolazione che non aveva mai pi? provata, dopo quel giorno terribile, ad espiare il quale tutta la sua vita doveva esser consacrata. Il silenzio ch'era imposto a' novizi, l'osservava, senza avvedersene, assorto com'era, nel pensiero delle fatiche, delle privazioni e dell'umiliazioni che avrebbe sofferte, per iscontare il suo fallo. Fermandosi, all'ora della refezione, presso un benefattore, mangi?, con una specie di volutt?, del pane del perdono: ma ne serb? un pezzo, e lo ripose nella sporta, per tenerlo, come un ricordo perpetuo.
         Non ? nostro disegno di far la storia della sua vita claustrale: diremo soltanto che, adempiendo, sempre con gran voglia, e con gran cura, gli ufizi che gli venivano ordinariamente assegnati, di predicare e d'assistere i moribondi, non lasciava mai sfuggire un'occasione d'esercitarne due altri, che s'era imposti da s?: accomodar differenze, e proteggere oppressi. In questo genio entrava, per qualche parte, senza ch'egli se n'avvedesse, quella sua vecchia abitudine, e un resticciolo di spiriti guerreschi, che l'umiliazioni e le macerazioni non avevan potuto spegner del tutto. Il suo linguaggio era abitualmente umile e posato; ma, quando si trattasse di giustizia o di verit? combattuta, l'uomo s'animava, a un tratto, dell'impeto antico, che, secondato e modificato da un'enfasi solenne, venutagli dall'uso del predicare, dava a quel linguaggio un carattere singolare. Tutto il suo contegno, come l'aspetto, annunziava una lunga guerra, tra un'indole focosa, risentita, e una volont? opposta, abitualmente vittoriosa, sempre all'erta, e diretta da motivi e da ispirazioni superiori. Un suo confratello ed amico, che lo conosceva bene, l'aveva una volta paragonato a quelle parole troppo espressive nella loro forma naturale, che alcuni, anche ben educati, pronunziano, quando la passione trabocca, smozzicate, con qualche lettera mutata; parole che, in quel travisamento, fanno per? ricordare della loro energia primitiva.
         Se una poverella sconosciuta, nel tristo caso di Lucia, avesse chiesto l'aiuto del padre Cristoforo, egli sarebbe corso immediatamente. Trattandosi poi di Lucia, accorse con tanta pi? sollecitudine, in quanto conosceva e ammirava l'innocenza di lei, era gi? in pensiero per i suoi pericoli, e sentiva un'indegnazione santa, per la turpe persecuzione della quale era divenuta l'oggetto. Oltre di ci?, avendola consigliata, per il meno male, di non palesar nulla, e di starsene quieta, temeva ora che il consiglio potesse aver prodotto qualche tristo effetto; e alla sollecitudine di carit?, ch'era in lui come ingenita, s'aggiungeva, in questo caso, quell'angustia scrupolosa che spesso tormenta i buoni.
         Ma, intanto che noi siamo stati a raccontare i fatti del padre Cristoforo, ? arrivato, s'? affacciato all'uscio; e le donne, lasciando il manico dell'aspo che facevan girare e stridere, si sono alzate, dicendo, a una voce: - oh padre Cristoforo! sia benedetto!